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Cappello di paglia di Firenze, Il
Farsa musicale in quattro atti proprio e di Ernesta Rinaldi, dalla commedia Le Châpeau de paille d’Italie di Eugène Labiche e Marc Michel
Musica di Nino Rota 1911-1979
Prima rappresentazione: Palermo, Teatro Massimo, 21 aprile 1955

Personaggi
Vocalità
Anaide
Soprano
Beaupertuis
Baritono
Elena
Soprano
Emilio
Baritono
Fadinard
Tenore
Felice
Tenore
il visconte Achille di Rosalba
Tenore
la baronessa di Champigny
Mezzosoprano
la modista
Soprano
lo zio Vezinet
Tenore
Nonancourt
Basso
un caporale delle guardie
Basso
una guardia
Tenore
Note
Scritta quasi per divertimento nel 1945, l’opera venne rappresentata solo nel 1955 allorché il direttore del Teatro Massimo di Palermo, Simone Cuccia, ‘costrinse’ il compositore a terminarla. Il successo della ‘prima’ fu strepitoso e determinò una circolazione inusitata per un’opera del Novecento, in Italia – riprese nel 1956, ’57, ’58 alla Piccola Scala di Milano, con la regia di Giorgio Strehler, fino al 1987 a Reggio Emilia, con l’allestimento di Pierluigi Pizzi e al ’96 a Catania – nonché all’estero; e non manca neppure l’incisione discografica diretta dall’autore, del ’75. «Ottima musica di scena», commentò Eugenio Montale nella sua veste di critico musicale alla ripresa milanese del ’58. E infatti il grande merito della partitura presso il pubblico è nell’immediata comunicatività di un linguaggio piacevole e scopertamente tonale: un demerito presso la critica che spesso, in passato, ha preso le distanze da questa posizione ‘attardata’ di Rota, riducendolo a ‘cinematografaro’ e tendendo a ignorare la sua pur consistente produzione non filmica (che comprende anche musica strumentale e sacra).

Atto primo. Dopo l’ouverture, la scena si apre sul racconto di Fadinard, nel giorno delle sue nozze, allo zio sordo: mentre era a spasso in calesse, il suo cavallo ha mangiato il cappello di paglia di Firenze di una signora. Costei, Anaide, arriva poco dopo col suo amante Emilio a reclamare un cappello uguale: senza non può tornare al suo gelosissimo marito.

Atto secondo. Fadinard, per evitare scandali, si mette alla ricerca di un cappello identico: va dalla modista, che lo indirizza dalla baronessa di Champigny. La baronessa attende degli invitati, insieme ai quali deve ascoltare il violinista Minardi, e scambia Fadinard per il musicista. Mentre gli invitati alle nozze seguono Fadinard e mangiano al buffet della baronessa, la confusione aumenta con l’arrivo di Minardi. Fadinard spiega il suo problema, ma la baronessa ha dato il cappello alla nipote: la signora Beaupertuis.

Atto terzo. Beaupertuis si insospettisce per l’assenza della moglie; intanto arriva Fadinard a chiedere il cappello (sempre seguito dal suocero e dagli invitati, alticci). Nella confusione Fadinard capisce l’inghippo (Anaide è la moglie di Beaupertuis), mentre il suocero minaccia di mandare a monte le nozze.

Atto quarto. Quando tutto sembra perduto, lo zio sordo presenta il suo regalo per gli sposi: un cappello di paglia di Firenze. Anaide riesce così a ripresentarsi al marito e Fadinard può sposare la sua Elena.

Abile fin da studente nello scrivere ‘alla maniera di’ altri compositori e quindi alla parodia di disparati linguaggi del passato (caratteristica in parte condivisa dal suo maestro Alfredo Casella), Rota presenta in questa frenetica giornata di inseguimenti una caleidoscopica successione di travestimenti musicali: Mozart, con Rossini, è presente non solo nell’ouverture, ma anche nella ricorrente esclamazione del suocero, «Tutto a monte!», che ha la solennità del Commendatore. Il calesse di Fadinard ha invece i ritmi di quello del carrettiere di Mascagni (poi il coro canterà: «Schiocchi la frusta!»), mentre Elena si esprime con colorature e cantabili ottocenteschi accompagnati da arpeggi del clarinetto. Onnipresenti sono le tecniche rossiniane nelle veloci sillabazioni, nei brani d’insieme in crescendo di concitazione (“Io casco dalle nuvoleâ€) nonché nel temporale del quarto atto (che occhieggia forse anche alla ‘Cavalcata delle Valchirie’), mentre il ‘sospetto’ di Beaupertuis serpeggia e poi divampa con i modi dell’aria ‘della calunnia’ delBarbiere. Si sente anche qualche influsso di Stravinskij (che il compositore frequentò a Roma) in certi effetti dei fiati, e non mancano risonanze dell’autentico Rota cinematografico (Il birichino di papà, Le miserie del signor Travet, Lo sceicco bianco). Sono comunque la notevole abilità strumentale e il sicuro senso drammaturgico del compositore (e coautore del libretto) a dare dinamismo e unitarietà a un insieme variegato, che si appoggia sia alle strutture delvaudevillefrancese sia a quelle dell’opera buffa e dell’operetta, senza dimenticare neppure l’interpretazione cinematografica dello stesso soggetto, realizzata da René Clair in un film muto del 1927.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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