Fra il 1818 e il 1819 Napoli vide rappresentate ben quattro opere di Rossini:
Adina, Ricciardo e Zoraide, Ermione, Eduardo e Cristina, piĂą una riduzione di
Armidae alcune cantate in onore dei Borboni. La storia dell’amore del re Pirro per Andromaca era già stato soggetto di opere musicali, fra cui quella di Nicolò Jommelli (1755) e di Antonio Tozzi (
Andromaca, Braunschweig 1765). Tottola, il librettista di Rossini, si ispirò invece alla grande tragedia di Racine. Protagonista è la grande passione d’amore che, respinta, si tramuta in odio e porta inevitabilmente alla passione e alla morte.
A Buthrote, capitale del regno di Epiro. Dopo aver sconfitto i Troiani, il re Pirro, figlio di Achille, è ritornato in patria con numerosi prigionieri tra i quali vi è Andromaca con il figlioletto Astianatte. Egli non tiene fede alla promessa fatta a Ermione, figlia di Menelao re di Sparta, poiché ama Andromaca, che tuttavia lo respinge, fedele alla memoria di Ettore. Oreste, che è stato inviato a Buthrote dai re greci per risvegliare in Pirro il senso del dovere e il desiderio di gloria, dichiara il suo amore a Ermione che, tormentata dalla gelosia, sta cercando di riconquistare il cuore di Pirro. Questi non solo respinge il suggerimento di Oreste di sopprimere Astianatte, per evitare la futura immancabile vendetta, ma, alla presenza della corte e di Ermione, chiede ad Andromaca di sposarlo. Ella finge di acconsentire alle nozze, ma in realtà vuole solo salvare il figlio (e medita anche di uccidersi, per raggiungere l’amato sposo nell’oltretomba). L’umiliata Ermione, resa folle dalla passione, chiede a Oreste, quale testimonianza d’amore, di uccidere Pirro. Quando Oreste le presenta il pugnale insanguinato, prova che la vendetta da lei richiesta è stata eseguita, ella, presa da orrore per l’omicida, gli svela tutto l’amore che prova ancora per Pirro. Oreste, sconvolto e delirante, è trascinato via dai suoi compagni verso la nave.
La generale atmosfera tragica diErmione, presaga di tinte cupe che saranno tipiche di tante opere romantiche, rende l’opera di singolare interesse. Rossini si discosta qui dai moduli belcantistici, conferendo maggiore continuità ai nessi tra i vari pezzi chiusi, come accade ad esempio nel secondo duetto fra Ermione e Oreste (“Che feci? Dove son”) o nella grande scena finale di Ermione. Fondamentale è anche la funzione del coro, che diviene parte integrante dell’architettura drammatica. Alcuni interventi di personaggi minori, di solito marginali nell’economia generale dell’opera, inoltre, sono decisivi; l’annuncio dell’arrivo di Oreste è uno di questi. Ermione è grande protagonista già dal finale primo atto, ma è nel secondo che decisamente sovrasta gli altri personaggi. In una grande scena ha modo di esprimere un ventaglio di emozioni che vanno dalla ferocia all’amore più tenero (“Dì che vedesti piangere”). La scena è costituita da un’aria in quattro sezioni, intercalate da recitativi. Isabella Colbran, a quel tempo protagonista assoluta delle scene napoletane, ebbe modo di evidenziare il pathos che era riconosciuto come suo punto di forza. Accanto a lei furono Andrea Nozzari come Pirro e Giovanni David come Oreste, oltre a Rosmunda Pisaroni nell’importante ruolo di Andromaca, tutti cantanti di chiarissima fama. InErmioneRossini introdusse altri elementi che svilupperà più tardi nel periodo parigino: il finale tragico al posto di quello lieto, l’uso frequente del declamato e la sostituzione quasi abituale delle arie tripartite con quelle bipartite. La prima rappresentazione fu un clamoroso fiasco e l’opera finì completamente dimenticata dopo le recite napoletane, anche perché Rossini non la riadattò al gusto francese per ilgrand-opéra, come fece invece perMosè in Egitto e Maometto II. Fu ripresa solo in tempi moderni, al Rossini Opera Festival di Pesaro (1987).
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi