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Wozzeck
Opera in tre atti proprio, dal dramma Woyzeck di Georg Büchner
Musica di Alban Berg 1885-1935
Prima rappresentazione: Berlino, Staatsoper, 14 dicembre 1925

Personaggi
Vocalità
Andres
Tenore
Der Narr (il pazzo)
Tenore
Doktor
Basso
Erster Handwerksbursche (I garzone)
Baritono
Hauptmann (il capitano)
Tenore
Margret
Contralto
Marie
Soprano
Mariens Knabe (il bambino di Maria)
Voce bianca
Tambourmajor
Tenore
Wozzeck
Baritono
Zweiter Handwerksbursche (II garzone)
Basso
Note
DelWoyzeck(allora noto con il titoloWozzeck) Berg vide la prima rappresentazione a Vienna nel maggio 1914 (pochi mesi dopo la prima apparizione postuma sulla scena, l’8 novembre 1913, a Monaco). Scrisse in una lettera a Webern del 19 agosto 1918: «ne ho riportato una impressione così straordinaria che subito (anche dopo averlo rivisto) ho preso la decisione di porlo in musica. Non è solo il destino di quest’uomo sfruttato e perseguitato da tutti che mi tocca tanto da vicino, ma anche l’inaudito contenuto di atmosfere [Stimmungsgehalt] delle singole scene».

Agli incompiuti frammenti delWoyzeckGeorg Büchner (1813-1837) aveva lavorato nell’autunno-inverno 1836 fino alla morte improvvisa, per una febbre tifoide, il 19 febbraio 1837. Riprendendo elementi del caso medico-giudiziario di Johann Christian Woyzeck (Lipsia 1780-1824), condannato a morte per aver ucciso, il 21 giugno 1821, la sua amante, Büchner ci mostra la condizione alienata del protagonista, il suo gesto disperato e autodistruttivo e i rapporti con i suoi aguzzini come la conseguenza di un sistema di relazioni sociali. I frammenti delWoyzeckfurono pubblicati soltanto nel 1879 da Emil Franzos (con il titoloWozzeckper una errata lettura della difficile grafia del manoscritto). Le successive edizioni (fino al 1920) si attennero senza controlli al testo del primo editore, proponendo soltanto nuovi ordinamenti delle scene: possediamo frammenti manoscritti di quattro stesure, che i primi editori tentarono di integrare in una versione unica, senza rendere nota la complessa situazione degli originali, che documentano diverse fasi di un processo di lavoro. Molte differenze tra ilWoyzeckdi Büchner e ilWozzeckdi Berg (che ne usò direttamente il testo con tagli e rielaborazioni di varia entità, ma senza mutamenti sostanziali) dipendono non dal compositore, ma dalle manipolazioni di Franzos, accolte senza controlli anche da Paul Landau, sulla cui edizione (1909) Berg lavorò seguendone anche la disposizione delle scene, ma omettendone nove. Della musica Berg stese qualche abbozzo già nel 1914 (cominciando dalla scena che sarebbe divenuta la seconda del secondo atto); ma la fase più intensa del lavoro si ebbe dopo la fine del primo conflitto mondiale (nel corso del quale la dolorosa esperienza dell’ottobre 1915 nel campo di addestramento di Bruck an der Leitha lo spinse a identificarsi quasi autobiograficamente con Wozzeck). La composizione fu portata a termine nel 1921, mentre strumentazione e revisione impegnarono Berg fino al maggio 1922. Intanto, nel 1920, Witkowski aveva pubblicato la prima edizione delle opere di Büchner basata sui manoscritti e aveva così svelato gli arbitrî di Franzos. Secondo la persuasiva ipotesi di Peter Petersen, soltanto nel 1921, quando era già avanzata la composizione del secondo atto, Berg prese visione dell’edizione Witkowski: per seguirla avrebbe dovuto cambiare troppo del lavoro già compiuto. Ad esempio alla conclusione della quarta scena del primo atto, quando il dottore chiede a Wozzeck di mostrare la lingua, le sue parole, aggiunte da Franzos, avevano suggerito una soluzione musicale impensabile senza quel testo. Conservando il titolo ‘sbagliato’WozzeckBerg volle probabilmente lasciare una indicazione sulla fonte di cui si era servito, e, evitando rifacimenti nella composizione, corresse soltanto qualche dettaglio. Le manipolazioni e gli errori di lettura di Franzos tradiscono sempre l’essenzialità originalissima e la lucida tensione di Büchner; ma furono un tramite determinante per la ricezione di Büchner fino al 1920. E determinante fu anche, più a lungo, la scelta di Franzos di far finire il dramma con la morte del protagonista, cui Büchner quasi certamente non avrebbe rispamiato il calvario del processo e della condanna. Questa conclusione, nel contesto della lettura in chiave espressionistica che caratterizzò allora la fortuna di Büchner, ebbe rilievo nello spingere Berg a sottolineare le dimensioni nichilistico-esistenziali del dramma. Dopo la prima rappresentazione, voluta e diretta da Erich Kleiber a Berlino, l’opera trionfò in molti teatri tedeschi, soprattutto tra il 1929 e il ’32; ma fu rappresentata anche a Praga (1926), Leningrado (1927), Zurigo e Filadelphia (1931), Bruxelles (1932), finché la musica di Berg, Schönberg e Webern fu messa al bando dai nazisti. In ItaliaWozzeckfu rappresentato per la prima volta a Roma nel 1942 (direttore Tullio Serafin, protagonista Tito Gobbi); in seguito alla Scala, diretto da Mitropoulos (1951) e, nel 1971, ’77 e ’79, da Claudio Abbado. Sacrificando alcune scene essenziali di Büchner, Berg costruì un libretto in tre atti di cinque scene ciascuno, organizzato nella successione ‘Esposizione-Peripezia-Catastrofe’.

Atto primo. Wozzeck sta radendo la barba al capitano, e ne subisce passivamente il vacuo conversare, finché, dopo le esortazioni a essere meno frettoloso e agitato e la derisoria provocazione sul vento che soffia «da sud-nord», gli viene rinfacciato che «non ha morale», perché ha avuto un figlio «senza la benedizione della chiesa» dalla donna con cui vive, Marie. La frase lirica con cui inizia la risposta di Wozzeck («Wir arme Leut’», Noi povera gente) è uno dei temi principali dell’opera. Assecondando la mobilità sconnessa e divagante del dialogo, Berg scelse per questa scena la forma di una suite (preludio, pavana, gavotta, aria, preludio retrogrado). Nella seconda scena (rapsodia) Wozzeck è in aperta campagna a raccogliere legna con il commilitone Andres, cui parla delle sue visioni e delle misteriose minacce che avverte nella natura. La scena culmina in una esplosione di visionario terrore. Una marcia militare conduce alla terza scena. Marie guarda con compiacimento sfilare la banda e con particolare attenzione il tamburmaggiore: di qui un battibecco con la vicina Margret. Chiusa la finestra, Marie canta al figlio una ninna-nanna. Sopraggiunge Wozzeck, ancora sconvolto, ma corre subito via. La quarta scena lo mostra vittima degli esperimenti del dottore (per caratterizzarne le fissazioni Berg compone una passacaglia costruita su un tema di dodici note). Il dottore paga Wozzeck perché si nutra esclusivamente di piselli, e si sente tradito avendolo visto tossire (in Büchner «pisciare») per la strada. Wozzeck tenta di narrargli le sue visioni e viene invitato a coltivare la bellissima idea fissa che lo ossessiona. Il dottore sogna l’immortalità scientifica. Nella quinta scena (rondò) il tamburmaggiore seduce Marie, che prima lo respinge, poi gli si abbandona.

Atto secondo. Marie è sorpresa da Wozzeck mentre si prova gli orecchini donati dal tamburmaggiore: dice di averli trovati e Wozzeck, poco persuaso, lascia cadere il discorso ed esce, dopo aver contemplato affettuosamente il bambino. Per questa scena Berg adottò la forma sonata: il primo tempo della ‘sinfonia’ del secondo atto. Nella scena seguente (fantasia e fuga) il capitano, incontrando per la strada il dottore, cerca di convincerlo a non aver fretta; l’altro alla fine si ferma e si vendica diagnosticandogli una malattia mortale. Ma incontrando Wozzeck, i due sono subito alleati nel tormentarlo con insinuazioni su Marie e il tamburmaggiore (tripla fuga sui temi del capitano, del dottore e di Wozzeck). Wozzeck corre via sconvolto e nella terza scena (Largo della sinfonia) rinfaccia a Marie il tradimento. La fiera risposta di lei a un gesto aggressivo («Meglio un coltello in corpo, che una mano su di me») fa balenare in lui la prima idea dell’omicidio («L’uomo è un abisso. Vengono le vertigini a guardarci dentro»). La quarta scena (scherzo con due trii) si svolge nel giardino dell’osteria dove Marie e il tamburmaggiore ballano. Wozzeck sta per avventarsi su di loro; ma la danza finisce e si succedono un coro di cacciatori, una canzone di Andres, un cupo dialogo tra Wozzeck e Andres, la predica di un garzone ubriaco, l’entrata di un ‘pazzo’, che dice di sentire odore di sangue. La parola «sangue» ha un effetto violentissimo su Wozzeck, che fugge. Nel dormitorio della caserma (quinta scena, introduzione e rondò marziale) Wozzeck non riesce a prendere sonno e tenta di confidarsi con l’assonnato Andres. Entra il tamburmaggiore ubriaco, si vanta delle sue imprese amorose con Marie, lotta con Wozzeck e lo lascia sanguinante a terra.

Atto terzo. Le forme delle scene del terzo atto furono da Berg chiamate «invenzioni». La prima, ‘invenzione sopra un tema’ (un tema, sette variazioni e fuga) ha come sola protagonista Marie, immersa nella lettura della Bibbia e nelle proprie riflessioni: nel rimorso prova conforto pensando alla vicenda della Maddalena. Ma nella seconda scena, sul sentiero presso un stagno, Wozzeck, ormai ossessionato dall’idea dell’inevitabilità dell’omicidio, uccide Marie (‘invenzione sopra una nota’). Fuori di sé, si precipita in una locanda (Scena terza, invenzione sopra un ritmo) e ne fugge quando i presenti scorgono su di lui le macchie di sangue. Torna allo stagno, per gettare più lontano nell’acqua il coltello e affoga (scena quarta, invenzione su un accordo di sei note). L’ultimo interludio (‘invenzione sopra una tonalità’, re minore) è un epicedio; nella scena finale (‘invenzione su unperpetuum mobile’ il figlio di Marie e di Wozzeck continua inconsapevole a giocare, anche quando gli dicono che la madre è morta.

Lo stupore e l’iniziale disapprovazione con cui Schönberg accolse il progetto delWozzecksono una conferma dell’originalità della scelta di un simile testo, con una vicenda ambientata in una squallida quotidianità, in una condizione oppressa e soffocata, che però non poteva essere intesa in chiave semplicisticamente naturalistica: non assistiamo alla storia di un omicidio passionale, ma a qualcosa di assai più profondo e inquietante, al disgregarsi di una coscienza, a una radicale crisi di identità. Nella opprimente alienazione che caratterizza la vita di Wozzeck tra la caserma e i folli esperimenti pseudoscientifici del dottore, Marie è per lui l’unico possibile punto di riferimento, è l’unico aspetto di umana autenticità consentito forse alla sua esistenza, è la casa e la sicurezza: il suo tradimento sottrae alla coscienza sconvolta di Wozzeck qualunque equilibrio e lo porta all’annientamento di sé e dell’amata. Nella citata lettera a Webern, Berg si dichiarava profondamente colpito dalloStimmungsgehalt, dal contenuto di atmosfere, dal clima espressivo e dall’intensità delle singole scene: coglieva così un aspetto essenziale dell’originalità del frammento büchneriano, dove l’azione si frantuma in atomi drammatici di incisiva rapidità, in improvvise folgorazioni affioranti dal buio, in nuclei intensissimi, superando una naturalistica continuità narrativa. Dalla comprensione di questi caratteri del testo nasce la specificità della soluzione formale ideata da Berg, che si distaccò dalla tradizione post-wagneriana (e dagli illustri precedenti di opere basate direttamente su un testo teatrale in prosa,Pelléas et MélisandeeSalome) conferendo a ogni scena una propria autonomia formale in sé conchiusa, che non gli impedisse tuttavia una adesione al testo momento per momento. Berg fa esplodere le potenzialità espressive, la forza visionaria e allucinata del linguaggio di Büchner. La intensità di questa adesione alla parola büchneriana in ogni frammento drammatico e insieme la preoccupazione di una serrata continuità (assicurata dagli interludi e da una fitta rete di temi e motivi) coesistono nelWozzeckin modo peculiare. La perfetta coincidenza tra ragioni drammatiche e musicali assume una evidenza immediata in alcune delle ‘invenzioni’ del terzo atto, quelle basate su un ‘ostinato’ (come la seconda e la terza). Così ad esempio la ‘invenzione sopra una nota’ nella scena dell’uccisione di Marie comporta l’ossessiva presenza di un pedale (il suono si) in diversi registri, in modo che il maggiore o minor rilievo con cui si percepisce questo pedale è legato al diverso grado dell’ossessione dell’idea omicida nella mente sconvolta di Wozzeck: quando il pensiero dell’uccisione gli si presenta del tutto irrevocabile si ascolta agli archi un si esteso su cinque ottave. È un momento, l’ultimo, di rituale, solenne sospensione: poi il timpano scandisce ininterrottamente il si fino alla ‘risoluzione’ sul do quando Wozzeck esclama «Tot»: morta). Proprio questa scena con la sua allucinata tensione, con le sonorità livide, gelide, percorse da brividi sinistri, è un esempio eloquente dell’impostazione antinaturalistica delWozzeck: non siamo di fronte, del resto, a un semplice omicidio per gelosia, ma a una sorta di gesto rituale, che Wozzeck sconvolto compie come una fatalità inevitabile, che non ha ai suoi occhi il significato di una vendetta personale. In altre scene il rapporto tra scelte drammaturgiche e formali è meno immediato; sempre però la complessità del linguaggio berghiano rivela una profonda adesione a Büchner (come poteva essere visto negli anni della sua riscoperta in una prospettiva espressionistica). Si pensi alla incisiva caratterizzazione vocale dei protagonisti, alla instabilità fatta di scatti e sussulti della vocalità del capitano, ritratto con tagliente sarcasmo, e anche con una vena di umorismo macabro e di comicità caricaturale; oppure ai modi talvolta frenetici, talvolta inclini alla forzata regolarità di un canto spiegato del dottore. Davvero büchneriano è il rilievo che assumono nella partitura delWozzeckle allusioni al canto popolare, per le quali Berg accoglie reminiscenze stravolgendole in modo da creare immagini di una innocenza perduta, testimonianze di una condizione umana oppressa e infelice. È naturale che Wozzeck intoni alcune delle idee più intensamente liriche dell’opera, voce di una umanità conculcata, ma autentica, nel cui canto, anche attraverso i momenti più tesi, stravolti o allucinati, si coglie il doloroso anelito a una compiuta effusione melodica. Soprattutto a Marie, l’altra vittima della tragedia, guardata da Berg con infinita tenerezza, sono riservati gli accenti di più sofferto e meditativo lirismo. Al personaggio di Marie appartengono anche altri aspetti, dalla selvaggia voglia di vivere alla disillusa disperazione che caratterizzano il suo comportamento con il tamburmaggiore, dai gesti di ribellione ai ripiegamenti di straziata interiorità nella sua solitaria meditazione del terzo atto.

Tra gli strumenti di più intensa forza espressiva, accanto alla timbrica visionaria, alla infinita varietà e complessità di una scrittura che fa dell’orchestra un sensibilissimo sismografo del dramma, vi è la libertà ‘atonale’. Vi sono zone che sembrano suggerire un’interpretazione tonale e la smentiscono: non persuadono i tentativi di analisi in senso tonale dell’opera; ma nel suo essere ‘atonale’ si riconoscono diversi gradi di ambiguità, dall’allusione subito smentita alla vertigine della totale dissoluzione, sempre con esiti di straordinaria efficacia espressiva. Questa ambiguità non è che un aspetto della vocazione berghiana a far coesistere soluzioni e piani stilistici diversi, con un sincretismo sempre legato a una precisa esigenza di individuazione drammatica e alieno da ogni concessione all’eclettismo. Da questo punto di vista è evidentissima nelWozzeckl’eredità delle lacerazioni del mondo di Mahler: si pensi alla presenza di marce, danze, musica di consumo, stravolte allusioni al canto popolare. Massimo esempio della complessità stilistica delWozzeckè la scena dell’osteria nel secondo atto. Nella fitta rete di collegamenti, associazioni e sviluppi cui danno vita temi e motivi tra intrecci ed elaborazioni, che all’analisi si rivelano densi di significato quanto capaci di immediata evidenza espressiva, si possono trovare, fra l’altro, precise conferme della partecipe adesione di Berg alla polemica politico-sociale di Büchner, e insieme agli aspetti, particolarmente sottolineati, di nichilistico pessimismo che pure sono presenti nella visione büchneriana. Berg prospetta una condizione senza via di uscita concludendo ilWozzeckcon l’indifferente regolarità di un uniforme andamento in ottavi, con sonorità aeree, gelide e diafane: nella conferenza sull’opera il musicista parlò di un circolo chiuso, che dalla mortale sospensione dell’ultima scena potrebbe rimandare nuovamente all’inizio della prima. Anche per questo, e non soltanto per l’effetto dianticlimaxdell’ultima scena, ilWozzecknon finisce con la morte del protagonista, né con la perorazione sinfonica con cui Berg (forzando in senso espressionista lo spirito di Büchner) senti il bisogno di prendere posizione, commentando il destino dell’infelice soldato.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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