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Semën Kotko
Opera in cinque atti e sette quadri su libretto proprio e di Valentin Katajev, dal racconto di Valentin Katajev Io, figlio del popolo lavoratore
Musica di Sergej Prokof’ev 1891-1953
Prima rappresentazione: Mosca, Teatro Stanislavskj, 23 giugno 1940

Personaggi
Vocalità
Chivrja
Contralto
Fosja
Mezzosoprano
I vecchia
Soprano
I vecchio
Basso
II vecchia
Soprano
II vecchio
Basso
III vecchia
Mezzosoprano
IV vecchia
Contralto
Ivassenko
Basso
Klemboski
Tenore
la madre
Contralto
Ljubka
Soprano
Mikola
Tenore
Remenjuk
Basso
Semën Kotko
Tenore
Sofja
Soprano
Tkatcenko
Basso-Baritono
un suonatore
Baritono
un vecchio compagno
Tenore
un vecchio compagno
Baritono
un vecchio interprete
Tenore
von Wirchow
Baritono
Zarjev
Baritono
Note
L’opera, composta da Prokof’ev ma orchestrata da Pavel Lamm e Vladimir Deschanovskj sotto la stretta sorveglianza dell’autore, incontrò qualche iniziale difficoltà di allestimento, in quanto Vsevolod Mejerchol’d, a cui era stata affidata la regia (e che era inoltre il direttore artistico del Teatro Stanislavski), fu arrestato nel 1939 a causa delle sue posizioni estetiche; la regia fu quindi curata dall’attrice Serafima Birman. Inoltre il patto Molotov-Ribbentropp rese impossibile la rappresentazione dei tedeschi come popolo nemico, e ciò rese necessari dei cambiamenti nei costumi. La critica si divise tra sostenitori e critici; questi ultimi vedevano nell’opera le estreme conseguenze dell’aborrito ‘formalismo’, nonché una carenza di virtù eroiche nella figura del protagonista. Pertanto l’opera scomparve dalle scene nel 1941, per ritornarvi solo nel 1957; negli anni Settanta venne poi rappresentata per un lungo periodo al Teatro Bol’soj, in una versione ridotta.

In Ucraina meridionale, nel 1918. L’eroe positivo Semën, un onesto contadino, è tornato al suo villaggio e vuole sposare l’amata Sofja. Ma il malvagio padre di lei, Tkatcenko, è un infido traditore che, dopo avergli promesso in sposa la figlia, vuole ora darla in moglie all’ex possidente Klemboski. L’intreccio si infittisce per la presenza dei soldati tedeschi, che giungono a requisire cibo al villaggio. Remenjuk riesce a distrarre i tedeschi, a nascondere le loro armi e a fuggire con i propri uomini. Tkatcenko, tuttavia, denuncia ai tedeschi Ivassensko e Zarjev, che vengono impiccati. Tra i denunziati di Tkatcenko vi è anche Semën, che però riesce a fuggire; i tedeschi allora gli incendiano l’izba. Remenjuk riceve l’ordine di attaccare la postazione tedesca al villaggio, nel quale si sta preparando il matrimonio. Semën giunge alla chiesa, chiama a sé Sofja e getta una bomba a mano sulla folla; catturato dai tedeschi, viene quindi salvato da un gruppo di partigiani. In seguito, Taktcenko viene a sua volta catturato e giustiziato per ordine di Semën. Il lieto fine non si avvera: il nemico non è ancora sconfitto, e Semën si accomiata dalla promessa sposa e ritorna nell’esercito.

Rispetto ai principi estetici fissati nel 1934, in seguito al dibattito sorto intorno all’opera di Sostakovic,Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk, Prokof’ev si distacca dall’ideale dell’opera a numeri chiusi e statici, facendo riferimento a tecniche drammaturgiche proprie del film e del teatro parlato, per mettere in musica un libretto in cui l’azione, e una complessa trama politica, militare e sentimentale, rendono impensabile una sequenza di arie. La prosa parlata domina, e un rapido susseguirsi di brevi episodi drammatici rende possibile la rappresentazione musicale della concitata azione del libretto. La netta opposizione fra bene e male, tra il mondo dell’amore, del popolo e dei partigiani da un lato e quello dei nemici e dei traditori dall’altro, trova espressione nel contrasto tra momenti dominati dall’impiego di un linguaggio musicale tradizionale e altri caratterizzati da armonie fortemente dissonanti. Il tentativo di uniformarsi ai dettami dell’estetica ‘sovietica’ appare dunque limitato alla cura nell’evitare una eccessiva complessità, e a una maggiore cantabilità melodica nella caratterizzazione dei personaggi positivi.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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