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Ubu Rex
Opera buffa in due atti proprio e di Jerzy Jarocki, dal dramma Ubu roi di Alfred Jarry
Musica di Krzysztof Penderecki 1933-
Prima rappresentazione: Monaco, Bayerisches Staatsoper, 6 luglio 1991

Personaggi
Vocalità
Achras
Barbapoux
Boleslaus
Soprano
Bordure
Basso
Bougrelas
Tenore
Cotice
Tenore
Giron
Basso
I mascalzone
Tenore
II mascalzone
Basso
III mascalzone
Basso
il generale Lascy
Basso
IV mascalzone
Basso
La Conscience
la regina Rosamunde
Soprano
Ladislaus
Soprano
Le Savetier
lo zar
Basso
mamma Ubu
Mezzosoprano
Michael Fedorowitsch
Recitante
papà Ubu
Tenore
Pile
Soprano
quattro boiardi
Basso
quattro nobili
Recitante
re Wenzel
Basso
Rebontier
Stanislaw Leczinski
Basso
tre contadini
Tenore
tre finanzieri
Recitante
tre magistrati
Recitante
tre mascalzoni
un messaggero
Recitante
Note
La storia della genesi dell’ultima opera di Penderecki è particolarmente lunga e non lascia dubbi circa il fascino esercitato dall’Ubu roidi Jarry (precursore del surrealismo, del dadaismo e anche del teatro dell’assurdo) sul compositore. Nella patria del musicista, in verità, lapièceera stata oggetto di alterne vicende a causa del taglio satirico e dell’ambientazione, e questo malgrado Jarry avesse collocato i fatti narrati in un tempo imprecisato e avesse indicato la Polonia solo come luogo ipotetico; per diversi anni ne era stata addirittura vietata ufficialmente la rappresentazione per la presunta natura antipolacca. Penderecki era venuto a conoscenza del lavoro teatrale di Jarry per la prima volta nel 1963, per ragioni professionali. Aveva infatti ricevuto l’incarico da Michael Meschke (direttore e regista del Teatro delle Marionette di Stoccolma) di comporne le musiche di scena per una rappresentazione da realizzarsi con burattini. Il compositore non era nuovo a operazioni di tale natura: fin dagli anni Cinquanta la sua produzione aveva riservato ampio spazio alla stesura di colonne sonore e musiche di scena, anche per il teatro delle marionette. In quanto all’Ubu Roi, il lavoro poteva essere considerato a buon diritto unPuppenspiele non solo per il vivo interesse dimostrato da Jarry con le possibilità espressive di una tale forma di spettacolo, ma perché in effetti l’originaria stesura dellapièceera stata tenuta a battesimo dalle marionette del Théâtre des Phinances, nel 1888, con il titoloLes Polonais. L’autore, allora quindicenne, aveva inteso immortalare con pungente ironia le gesta leggendarie di Père Heb, ovvero del poco amato professore di fisica Hébert del liceo di Rennes.

Alla fine degli anni Sessanta la Bayerisches Staatsoper – all’epoca il sovrintendente era Günther Rennert – aveva interpellato Penderecki per una nuova produzione e il compositore aveva manifestato l’intenzione di adattare a opera buffaUbu Roi. Al progetto aveva cominciato a lavorare nel 1972, ma la bozza era destinata a rimanere incompiuta, sia per ragioni legate alla situazione politica del tempo sia per ragioni connaturate al linguaggio musicale allora impiegato, giudicato non adatto a un’opera buffa dallo stesso compositore. Dopo la morte di Rennert (1978) venne meno anche la commissione, e analoga sorte subirono le proposte per altre sedi (Palais Garnier, Schwetzinger Festspiele, Süddeutsche Rundfunk). Del materiale originario (musiche di scena, progetti, schizzi e abbozzi vari), l’opera approdata al palcoscenico nel 1991 non conserva che il libretto, che subì solo poche modifiche. Risalente agli anni Sessanta e messo a punto con la collaborazione di Jarocki, l’adattamento operato non rivela un rapporto di stretta sudditanza col modello, sebbene nel libretto non risulti una sola parola che non sia di Jarry. I cinque atti e trentatre scene dell’originale vengono ridotti, in modo non direttamente consequenziale, in un prologo e due atti di cinque scene ciascuno. Il lavoro di adattamento contempla infatti, accanto al taglio di alcune scene, l’impiego di singole frasi di altre, talora anche completamente ricontestualizzate e attribuite a personaggi diversi e/o rese oggetto di giochi di ripetizioni, con un notevole effetto di potenziamento della comicità. Un solo esempio: la frase «l’ho, lo tengo, è già malfermo, non morde più ...», indirizzata nell’Ubu roia un orso, nell’Ubu Rexè invece pronunciata nei confronti dello zar nella scena della guerra del secondo atto. In determinati passi sono inoltre presenti frasi desunte dallepiècesscritte da Jarry quale seguito dell’Ubu roi, precisamente l’Ubu cocu(1891) e l’Ubu enchainé(1899). Gli interventi di Penderecki e Jarocki non snaturano comunque il senso originale del lavoro: la figura di papà Ubu rimane quella di prototipo del piccolo borghese.

Atto primo. Papà Ubu, un uomo codardo ma assetato di potere, viene incitato da mamma Ubu ad assassinare re Wenzel. L’idea di conquistare il trono e di divenire sovrano della Polonia lo stuzzica: per riuscire in tale impresa richiede la collaborazione del capitano Bordure, seducendolo con subdole promesse. Quando un messaggero gli comunica di essere stato convocato a palazzo dal re in persona, papà Ubu teme di essere stato tradito. In realtà re Wenzel intende solo ricompensarlo per i lodevoli servigi prestati, e invitarlo al grande corteo dell’indomani. Proprio durante quel corteo Bordure e i suoi uomini, al segnale convenuto, muovono il loro attacco e assassinano il re. Si avverano così le tristi premonizioni che avevano tormentato la regina Rosamunde, ora costretta a fuggire col figlio più giovane Bougrelas. Mentre il popolo acclama il nuovo re, ciò che resta della spodestata famiglia reale medita vendetta.

Atto secondo. Adesso papà Ubu è re e si sente forte in virtù del potere conquistato. Fa rinchiudere in una cella segreta Bordure, fa sterminare i nobili per appropriarsi dei loro beni e, dal momento che intende riscuotere di persona le imposte, fa arrestare magistrati e finanzieri. In seguito Bordure riesce a fuggire e decide di passare dalla parte dello zar, il ‘nemico’ che ha invaso la Polonia. Tuttavia, nel corso di un combattimento che ha luogo fra le truppe russe e quelle polacche, il malcapitato capitano finisce per essere ucciso proprio da papà Ubu. L’esito finale della battaglia è invece a favore dell’armata dello zar e a papà Ubu non resta che suonare la ritirata: gran fuggi-fuggi fra i campi innevati della Lituania. Mamma Ubu, impadronitasi nel frattempo del tesoro di stato e in fuga a causa della guerra, ritrova papà Ubu e i suoi soldati: insieme decidono di onorare della loro presenza un altro paese, senz’altro più degno di loro.

Malgrado Penderecki abbia sempre dichiarato di non voler dare un’impronta politica alla propria arte, non è difficile scorgere nell’Ubu Rexun certo atteggiamento di critica sociale, così come era stato per la sua prima opera,Die Teufel von Loudun(1969). Nello spirito ironico che percorre l’opera – forse non a caso una delle rare opere buffe del nostro tempo – è presente un esplicito omaggio all’opera buffa di Rossini: stessa insofferenza per i politicanti, stessa maschera sarcastica. Di più, lo stesso rapporto con il testo, dove le numerose ripetizioni di parole, votate alla comicità, ripercorrono analoghi e sperimentati modelli classici. È un atteggiamento che questa volta non comporta nessuna reale citazione, diversamente da quanto avveniva nelParadiso perduto(1978) o inDie schwarze Maske(1986), opere infarcite di citazioni letterali, ad esempio, da Wagner e da Bach. Eppure l’elenco dei momenti che possono chiaramente essere sentiti inUbu Rexcome allusioni allo stile di Rossini – ma anche di Mozart, Wagner, Bach, Offenbach, Musorgskij, Chacaturjan, Stravinskij, e dello stesso Penderecki degli anni Sessanta – è ampio. Ma si tratta di apporti stilistici che non si esauriscono in se stessi, in quanto fittamente intessuti nel linguaggio proprio del Penderecki attuale, e che in virtù di tale ragione sono in buona parte responsabili della briosità dell’opera. Anche l’Ubu roidi Jarry era nato con analogo intento parodistico-caricaturale. La musica di Penderecki per una volta intende essere solamente spiritosa, avvicinandosi a unohumordi gusto francese e forse non lontano nemmeno dal mondo chapliniano. Come quando, durante il grande corteo, Ubu suona una tromba per bambini e infantilmente si concede una nota falsa mentre risuona una festosa polacca in si bemolle maggiore; o come quando, nella scena della guerra, la battaglia viena ‘giocata’ proprio come la giocano i bambini.

L’impiego dell’orchestra (dall’organico sostanzialmente tradizionale; solo l’insieme delle percussioni è particolarmente ricco) si avvale di una ricerca della spazializzazione sonora, basata su un’accurata distribuzione degli strumenti, così da offrire numerose possibilità di effetti spiritosi e grotteschi in termini puramente musicali. Effetti al servizio, così come il metodo delle assimilazioni stilistiche, di una chiara intelligibilità dell’opera. A tal fine Penderecki conferisce precisi tratti musicali a tutti i vari personaggi, compresi quelli collettivi. Papà Ubu, ad esempio, è caratterizzato da un lato dall’impiego di ritmi ricorrenti, spesso nervosi, improntati a una grande fluidità metrica, dall’altro dall’abbinamento ai timbri del clarinetto e della tromba. Clarinetto basso e corno inglese, virtuosismi iterati e isterici stigmatizzano invece mamma Ubu, mentre re Wenzel non è reso, per ampi tratti, che dal riproporsi di una triade di si bemolle maggiore in ritmo di polacca.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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