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Akhnaten
Opera in tre atti proprio e di Shalom Goldman, Robert Israel e Richard Riddell
Musica di Philip Glass 1937-
Prima rappresentazione: Stoccarda, Staatsoper, 24 marzo 1984

Personaggi
Vocalità
Akhnaten
Controtenore
Amenofi
Recitante
Aye
Basso
banchetto funebre
Basso
banchetto funebre
Tenore
figlia di Akhnaten e Nefertiti (3)
Contralto
figlia di Akhnaten e Nefertiti (3)
Soprano
Horemhab
Baritono
il sommo sacerdote di Amòn
Tenore
la regina Tye
Soprano
Nefertiti
Contralto
Note
Tanto il soggetto che la musica diAkhnatenvanno considerati nel loro stretto legame di correlazione con quelle che sono state considerate dal compositore le prime due tappe di un unico disegno drammaturgico in forma di trilogia:Einstein on the BeacheSatyagraha. Laddove inEinstein on the Beachè lecito discernere un momento ‘epico’ per l’amplificata carica vitale delle sue volute sonore, e inSatyagrahauna delicata qualità di opera ‘lirica’,Akhnatencompleta la trilogia con le tinte fosche dei toni ‘tragici’. Nata su commissione dell’Opera di Stato di Stoccarda, che assieme accettò il complesso impegno dell’allestimento dell’intera trilogia, la scelta del soggetto diAkhnatenscaturì dal desiderio di Glass di individuare una figura storica di statura non inferiore a quelle di Einstein e di Gandhi. Un primo spunto provenne da un libro dello studioso Immanuel Velinovskij,Oedipus and Akhnaten, in cui si pretende di trovare traccia del mito greco già nell’ambito dell’antico Egitto. Ma l’idea venne poi accantonata, lasciando però qualche traccia nel libretto, a favore di un soggetto più decisamente rivolto a quanto ha tramandato sino a noi la memoria del faraone Akhnaten: il suo tentativo di introdurre nel paese un culto monoteista. Di questa remota vicenda storica al compositore non premeva tanto il lato dottrinale rivolto a un tema di storia delle religioni, ossia l’eventuale influsso del culto introdotto dal faraone sul monoteismo ebraico, bensì la sua personalità eccezionale: «il punto fondamentale», scrisse Glass, «era che Akhnaten aveva trasformato il suo (e il nostro) mondo attraverso laforza delle idee, e non con laforza delle armi». Laddove Einstein simboleggia l’ideale dello scienziato e Gandhi quello del politico, Akhnaten è il riformatore religioso per eccellenza; e per Glass l’opera di ciascuno dei tre uomini ingloba aspetti di quelle degli altri due, in modo tale che politica, scienza e religione rappresentano un quadro di riferimento generale di cui ogni singola parte sviluppa un aspetto specifico.

Atto primo. I tre atti dell’opera ci presentano rispettivamente l’ascesa, il regno e la caduta di Akhnaten che infine, dopo diciassette anni di regno, venne sopraffatto e ucciso dai sacerdoti e dal popolo, ostili al suo tentativo di sostituire ai culti tradizionali quello solare di Atòn. A un preludio orchestrale seguono le fasi dell’ascesa dell’‘eretico’ faraone: i funerali di Amenofi III, padre di Akhnaten, l’incoronazione e la scena ‘della finestra delle apparizioni’ in cui Akhnaten, con Nefertiti e la regina Tye, annuncia l’avvento di una nuova era.

Atto secondo. Il faraone dà l’assalto al tempio di Amòn, emblema dell’antico ordine, al lirico duetto amoroso tra Akhnaten e Nefertiti (“Sensenet neftu nedjem†II,2), alla fondazione di Akhetaton, la città consacrata alla glorificazione del nuovo ordine politico-religioso e, al culmine drammatico-musicale dell’opera, al canto dell’Inno al Sole innalzato al dio dal faraone.

Atto terzo. Si manifesta il massiccio movimento di opposizione alle riforme di Akhnaten, che conduce all’assalto del suo palazzo e alla caduta del faraone. Quindi una sezione per voce narrante e orchestra funge da transizione a un epilogo in epoca moderna, che ci trasporta tra le rovine di quella che si dice esser stata la città di Akhetaton e il palazzo di Nefertiti. Infine, alla partenza dei turisti restano soltanto le rovine della città desolata. Compaiono i fantasmi di Akhnaten, di Nefertiti e della regina Tye, che mestamente scorgono il corteo funebre di Amenofi III ancora in viaggio verso il regno dell’aldilà; anch’essi formano un corteo che, mentre cala il sipario, va a unirsi al primo.

Sotto il profilo della scrittura vocale è di particolare rilievo la scelta del registro controtenorile per il ruolo di Akhnaten (affidato a Paul Esswood in occasione della ‘prima’). Alla parte del faraone è inoltre costantemente associata una tromba solista che, qualora la tessitura vocale si spinga molto in alto, ha il compito di eseguire la nota troppo acuta per il controtenore, in uno scambio di ruoli che dovrebbe risultare quasi impalpabile ed è inteso ad ampliare al massimo il registro di canto. L’orchestra prevede un organico di percussioni abbastanza ricco, messo in rilievo in specie in occasione delle danze che accompagnano la fondazione di Akhetaton. Il piano armonico dell’opera riprende moduli già sperimentati inSatyagrahae inEinstein on the Beach, riservando un’attenzione particolare all’ordito dei nessi tra le diverse tonalità. Una netta prevalenza è assegnata alle tonalità minori, circostanza che contribuisce, assieme all’esclusione dei violini dal novero degli archi, ad accentuare l’impronta di cupa tragicità che grava sull’intero lavoro. Leighton Kerner ha infatti osservato che «la tonalità di la minore avviluppa l’opera dal principo alla fine, come un sudario».
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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