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Andrea Chénier
Dramma storico in quattro quadri di Luigi Illica
Musica di Umberto Giordano 1867-1948
Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 28 marzo 1896

Personaggi
Vocalità
Andrea Chénier
Tenore
Carlo GĂ©rard
Basso
Dumas
Basso
Fouquier Tinville
Basso
il maestro di casa
Basso
il sanculotto Mathieu, detto Populus
Baritono
la contessa di Coigny
Mezzosoprano
la mulatta Bersi
Mezzosoprano
l’abate poeta
Tenore
Maddalena di Coigny
Soprano
Madelon
Mezzosoprano
Pietro Fléville
Basso
Roucher
Basso
Schmidt
Basso
un Incredibile
Tenore
Note
Umberto Giordano arrivĂČ al successo nel 1896 conAndrea ChĂ©nier, ispirato alla vita del poeta francese, dopo la contrastata accoglienza diMala vita(1892) e il fiasco diRegina Diaz(1894). Alla riuscita dell’opera, di cui dubitavano sia l’editore sia il Teatro alla Scala, contribuirono due padrini d’eccezione: un compositore influente quale era il barone Alberto Franchetti, che cedette a Giordano il libretto, e Pietro Mascagni, che la fece rimettere in cartellone correggendo il giudizio lapidario del consulente musicale di Sonzogno: «Irrappresentabile». Nonostante la defezione di Alfonso Garulli, il tenore che avrebbe dovuto tenere a battesimo il personaggio di ChĂ©nier, e la sua sostituzione con Giuseppe Borgatti, reduce da vari insuccessi e a quell’epoca senza scritture, la prima rappresentazione ebbe un esito trionfale, grazie anche all’eccellenza del soprano Evelina Carrera nel ruolo di Maddalena e del baritono Mario Sammarco in quello di GĂ©rard. Uguale entusiasmo suscitĂČ il debutto a New York il 15 novembre 1896. In pochi anni l’opera fu eseguita nei piĂč importanti teatri europei e americani, dove compare tuttora con regolaritĂ  in cartellone.

Atto primo. Signoria dei conti di Coigny, una giornata d’inverno del 1789. Nella serra del castello, imitazione pretenziosa di piĂč nobili dimore, tra grotte abitate da ninfe, statue di dĂši olimpici e mulini in miniatura, una folla di valletti e lacchĂš sposta mobili e vasi ai comandi di un maestro di casa. In mezzo il servo GĂ©rard, che trasporta un sofĂ  azzurro. Dal giorno in cui Ăš stato sorpreso a leggere Rousseau e gli Enciclopedisti, per lui non c’ù pace. E mentre gli altri, a un cenno del maestro, si ritirano, lui rimane in ginocchio a lisciare la seta, sprimacciare i cuscini, sciogliere i nodi alle frange. Se ne lamenta ironico con il divano (“Compiacente a’ colloqui del cicisbeo”), ma presto il sarcasmo si muta in invettiva. Dal giardino avanza trascinandosi sotto il peso di un mobile il vecchio padre e GĂ©rard non trattiene lo sdegno (“Son sessant’anni”), inneggiando tra le lacrime alla Rivoluzione. Intanto, al di lĂ  della serra, sono comparse la contessa e Maddalena con l’inseparabile cameriera Bersi, la madre in ansia per i preparativi della festa, la figlia in contemplazione del tramonto (“Il giorno giĂ  s’inserra lentamente!”), sotto lo sguardo ammirato del servitore. La giovane indugia, detesta indossare corsetti, gonne ‘coscia-di-ninfa-bianca’ e cappelli ‘alla Montgolfier’ e, contro il volere materno, sceglie per la serata unamisedi neoclassica compostezza: lungo abito bianco e rose tra i capelli. Di lĂŹ a poco il castello si anima. Arrivano slitte, dame impellicciate, cavalieri incipriati e, a chiudere il teatro degli ospiti, un abate dicitore, il romanziere FlĂ©ville, il musicista Fiorinelli e «un che fa versi e che promette molto», Andrea ChĂ©nier. L’abatino porta da Parigi notizie nefaste: il re Ăš debole, c’ù un Terzo stato e – «orrore» – la statua di Enrico IV Ăš stata offesa. L’ansia cresce, ma FlĂ©ville Ăš rapido a placarla (“Passiamo la sera allegramente”) e invita tutti a seguire la pastorale di sua composizione che sta per essere rappresentata. Pastorelli e pastorelle declamano sospirando arcadici amori, applauditi soprattutto dalle signore. Poi l’abatino improvvisa una favola antirivoluzionaria, suscitando robuste risate. ChĂ©nier, in disparte, tace. Soltanto Maddalena riesce a sottrarlo alla sua malinconia, quando gli chiede di parlare d’Amore. Il poeta si abbandona a un canto (“Un dĂŹ all’azzurro spazio”), ma evoca povera gente, fatiche, miseria, conquistando la contessina, irritando gli ospiti e infiammando l’animo di GĂ©rard, che irrompe in sala alla testa di un gruppo di mendicanti. «Ah, quel GĂ©rard... L’ha rovinato il leggere», lamenta la contessa distesa sul sofĂ  dopo avere cacciato «ciurmaglia» e servitore. Le dame e i cavalieri riprendono a danzare una gavotta.

Atto secondo. Parigi, un giorno di giugno del 1794. In primo piano, un ‘altare’ dedicato a Marat, il caffĂš Hottot e la terrazza dei Feuillants; sullo sfondo, l’ex Cours-la-Reine e il ponte Peronnet che conduce al palazzo dei Cinquecento. ChĂ©nier siede solo a un tavolino. Il sanculotto Mathieu e la carmagnola Orazio Coclite parlano con tracotanza di rivoluzione; Bersi, fingendosi convertita (“Temer, perchĂ©?”), interroga un ‘Incredibile’ a proposito delle spie di Robespierre. «Osservatori dello spirito pubblico», obietta l’uomo, tradendo il proprio ruolo di delatore. E non persuaso dalle proclamazioni di fede della mulatta, decide di seguirla a distanza. Il suo obiettivo Ăš ambizioso: riportare a GĂ©rard, diventato un protagonista del Terrore, Maddalena di Coigny e consegnare alla giustizia il controrivoluzionario ChĂ©nier. Roucher, che intanto Ăš arrivato al caffĂš, tenta invano di convincere l’amico a mettersi in salvo. ChĂ©nier sente che il destino (“Credo a una possanza arcana”), un destino d’amore (“Io non ho amato ancor”), lo chiama a restare, per trovare la donna misteriosa che da tempo chiede il suo aiuto in lettere firmate Speranza. Roucher esamina i messaggi, la calligrafia sottile, la carta elegante profumata di rosa e smaschera la sedicente innamorata: si tratta di una ‘Meravigliosa’, una delle tante cortigiane al servizio della Rivoluzione. Addolorato per l’ennesima disillusione, ChĂ©nier decide allora di partire. Ma proprio in quel momento, dalla folla scomposta che si accalca intorno al palazzo dei Cinquecento per vedere Robespierre, esce Bersi: appena il tempo di dare a ChĂ©nier un appuntamento con la sua ignota scrittrice prima di scomparire tra i fazzoletti, le coccarde e i berretti frigi levati per l’Incorruttibile. CosĂŹ quella sera, vicino al sinistro altare di Marat, ChĂ©nier incontra la sua Speranza: non una sconosciuta, ma Maddalena. Lei gli dice la sua stima e implora protezione (“Eravate possente”), lui le risponde rapito (“Ora soave”). Poi, in un impeto di passione, Andrea e Maddalena si giurano fedeltĂ  fino alla morte, ignorando quanto l’ora sia vicina. L’Incredibile, nascosto dietro un albero, non ha perso una delle loro parole e le ha prontamente riferite a GĂ©rard, che compare all’improvviso sfidando a duello ChĂ©nier. Con un paio di abili parate e una stoccata, il poeta atterra il rivale, non risparmiando il sarcasmo per l’imperizia del servitore. Ma GĂ©rard, assai piĂč nobilmente, spinge ChĂ©nier a fuggire con Maddalena e lascia credere alle Guardie nazionali di essere stato ferito dai Girondini. «Morte agli ultimi Girondini», urla la folla minacciosa.

Atto terzo. Tribunale rivoluzionario, prima sezione. Sul tavolo del presidente Dumas, sorvegliato da carmagnole e guardie nazionali, campeggia una grande urna per i contributi alla causa. «La patria Ăš in pericolo», dice una scritta su un drappo tricolore. Mathieu si adopera per ottenere dalla popolazione oro e soldati, ma con esiti scarsi. PiĂč convincente risulta GĂ©rard, sebbene ancora sofferente per la ferita. Al suo appello (“Lacrime e sangue dĂ  la Francia”) risponde anche una cieca (“Son la vecchia Madelon”), che immola alla Rivoluzione il nipote quindicenne, suo unico sostegno. Il ragazzo viene accettato con militaresca ruvidezza e la commozione esplode in una travolgente Carmagnola intonata e danzata per le strade della cittĂ . Al calore della folla si contrappone perĂČ il gelo del tribunale, dove l’Incredibile, con irresponsabile leggerezza, annuncia a GĂ©rard il prossimo arresto di ChĂ©nier, cui lo condurrĂ  proprio l’ignara Maddalena (“Donnina innamorata”). GĂ©rard esita, poi scrive l’atto d’accusa, dal momento che sul poeta giĂ  pesa la condanna di Fouquier-Tinville. Ma questo non gli impedisce di sentirsi insieme vile e servo impotente di nuovi padroni. E riflette beffardo sugli ideali infranti, sulla sua anima rivoluzionaria trasformata in quella di un assassino, sulla Ragione schiava del Senso (“Nemico della patria?”). Ad aggravare la sua angoscia arriva Maddalena, scarmigliata, sconvolta, che lo scongiura di salvare ChĂ©nier. GĂ©rard invece le confessa il suo amore (“Io l’ho voluto allora che tu piccina”) e, accecato dalla gelosia, cerca di possederla. La donna gli oppone un lamento accorato, dove ripercorre le tragedie degli ultimi anni (“La mamma morta”) e poi si offre come «morta cosa», ottenendo che lui non solo desista dall’intento, ma le chieda perdono e prometta di aiutarla. Troppo tardi. A nulla valgono i ritrattamenti di GĂ©rard e l’orgogliosa difesa di ChĂ©nier (“SĂŹ, fui soldato”). Il poeta viene mandato a morte fra l’atroce esultanza della popolazione.

Atto quarto. Cortile delle prigioni di San Lazzaro. Assistito da Roucher, ChĂ©nier sta finendo di scrivere dei versi (“Come un bel dĂŹ di maggio”): Ăš il suo congedo dall’‘ultima dea’, la Poesia. I due amici si abbracciano e quando arriva il carceriere Schmidt si separano commossi. Sulle prigioni scende la notte, dall’esterno giungono lontane le note della Marsigliese. Ma ChĂ©nier non morirĂ  da solo. Fedele al giuramento sotto l’altare di Marat, Maddalena obbliga GĂ©rard a introdurla nella prigione e a scambiarla con una condannata. Finalmente uniti (“Vicino a te s’acqueta... La nostra morte”), gli amanti si concedono la loro unica notte d’amore e all’alba salgono debitamente fieri sulla carretta che li condurrĂ  alla ghigliottina. GĂ©rard, l’uomo della Rivoluzione, piange di dolore e di amarezza. Tra le mani stringe ancora il biglietto di Robespierre, che alle sue preghiere per la vita di ChĂ©nier ha risposto: «Anche Platone bandiva i poeti dalla sua Repubblica».

Nessuna altra opera di Giordano ha ottenuto il successo diAndrea ChĂ©nier,nemmenoFedora,rappresentata nel 1898 al Teatro Lirico di Milano con un giovanissimo Caruso. Legata alle alterne fortune del verismo musicale – oggetto di un dibattito non ancora equanime – l’opera continua a essere attaccata da chi ne critica la drammaticitĂ  enfatica e la ricerca dell’effetto facile, e difesa da chi, oppositore della modernitĂ , ne tesse lodi forse non proporzionate ai risultati. Oggi perĂČ si tende ad approfondire sia il contesto storico-culturale in cui l’opera nacque (una Milano di fine secolo – cittĂ  di adozione del pugliese Giordano – divisa tra ambizioni politiche e rivendicazioni populiste, tra gli orizzonti circoscritti della piccola borghesia e le prime spinte europeistiche) sia le specifiche caratteristiche musicali (un’orchestra concentrata sul racconto e sul gesto dei personaggi, tendente a una illustrazione efficace dell’azione scenica piuttosto che a un’amplificazione psicologica o concettuale degli eventi; una conseguente attenzione a transizioni armoniche che accostano tonalitĂ  spesso lontane, per sottolineare trapassi d’umore o di atteggiamento; una soliditĂ  architettonica e una misura stilistica che arginano gli slanci canori e il ‘grido’ verista). Amato dagli interpreti, in particolare dai tenori, per la cantabilitĂ  delle melodie delle sue celebrate arie e duetti,Andrea ChĂ©nierĂš stato un cavallo di battaglia di molti cantanti, da Giovanni Zenatello, Giacomo Lauri-Volpi e Beniamino Gigli, che scelsero questo ruolo per il loro debutto londinese, a Mario Del Monaco e Franco Corelli.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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