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Cleofide
Dramma per musica in tre atti di Michelangelo Boccardi, dall’Alessandro nelle Indie di Metastasio
Musica di Johann Adolph Hasse 1699-1783
Prima rappresentazione: Dresda, Teatro di corte, 13 settembre 1731

Personaggi
Vocalità
Alessandro
Contralto
Cleofide
Soprano
Erissena
Soprano
Gandarte
Soprano
Poro
Contralto
Timagene
Contralto
Note
Nominato l’anno prima maestro di cappella di Federico Augusto, re di Polonia ed Elettore di Sassonia, con il sontuoso allestimento diCleofideHasse faceva ufficialmente il suo ingresso a Dresda (dove avrebbe lavorato per un trentennio) accompagnato dalla celebre moglie, il soprano Faustina Bordoni, chiamata a interpretare il ruolo principale dell’opera. Come libretto fu adottato il recenteAlessandro nell’Indiemetastasiano (1729); se la vicenda rimase inalterata, venne però cambiato il titolo del dramma (in funzione dell’eroica regina, ovvero Faustina, così come Händel pochi mesi prima aveva esaltato la centralità di Poro/Senesino) e soprattutto si fece ricorso, per ben metà delle arie dell’opera, a testi estranei al libretto originario. Altrove la poesia metastasiana venne rivestita dalle note di arie precedentemente scritte per un’altra opera, come nel caso di “Vil trofeo d’un’alma imbelle”: la musica, riutilizzatapour cause, si rivela una perfetta esemplificazione dello stile pre-classico, un gioiello di compattezza nella simmetria dell’intonazione dei versi, nell’unità tematica tra prima e seconda strofa e nella grazia melodica, annunciata già dal primo, memorabile intervallo discendente. Ma l’incisività e la varietà del discorso musicale risultano evidenti sin dalla sinfonia, aperta dalla perentorietà ritmica del primo movimento e siglata dal tripartito minuetto cerimoniale, che racchiude una pagina contrastante brillantissima, consumata crepitando in punta di piedi. Analoga frenesia ritmica anima due arie di Poro: “Generoso risvegliati, o core”, in cui il testo sembra guadagnare energia a ogni successiva apparizione, e “Dov’è? Si affretti”, un concitato ‘Allegro assai, e con spirito’ agli antipodi dell’intonazione händeliana dello stesso testo (?Poro). Notevole, per il respiro grandioso e l’accurata strumentazione, è la concezione di diverse arie, come “È ver che all’amo intorno” – in cui due nordici flauti concertanti generano, attraverso una serie di effetti d’eco, una superficie timbrica mutevole – oppure “Cervo al bosco che piagato”, concepita per i virtuosi di liuto e corno della corte di Sassonia. Non si può naturalmente tacere la grande parte della protagonista, impegnata in folgoranti evoluzioni virtuosistiche (come nella struttura recitativo accompagnato-aria che conclude il secondo atto, o nella spirale ritmica inebriante di “Se troppo crede al ciglio”, perfettamente corrispondente al testo dell’aria) oppure in brani cantabili di bravura, il cui melodizzare ‘napoletano’ suscita quell’atmosfera incantata tipica di molte pagine del compositore. L’opera è conclusa da un bel coro sapidamente articolato, ripreso due volte con testi diversi.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi

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