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Harmonie der Welt, Die
(L’armonia del mondo) Opera in cinque atti proprio
Musica di Paul Hindemith 1895-1963
Prima rappresentazione: Monaco, Prinzregententheater, 11 agosto 1957

Personaggi
Vocalità
barone von Starhemberg
Baritono
Christoph Kepler
Tenore
Daniel Hizler
Basso
Ferdinando II
Basso
I assassino
Tenore
I donna
Soprano
II assassino
Basso
II donna
Soprano
III assassino
Basso
III donna
Contralto
il giudice
Baritono
IV donna
Contralto
Johannes Kepler
Baritono
Katharina Kepler
Contralto
la piccola Susanna
Soprano
l’avvocato
Baritono
Rodolfo II
Basso
Susanna
Soprano
Tansur
Basso
Ulrich Grüßer
Tenore
Wallenstein
Tenore
Note
Il titolo dell’opera è tratto daHarmonices mundi(1619), il principale trattato dell’astronomo Johannes Kepler, personaggio storico che Hindemith prese a soggetto del suo lavoro, come aveva fatto in precedenza con il pittore Grünewald perMathis der Maler. Anche in questo caso l’autore diede forma scenica a tesi estetiche e morali che era andato sempre più approfondendo nel corso degli anni Trenta: in particolare, qui egli volle alludere a un parallelismo tra la teoria del moto dei pianeti di Keplero e quella del simbolismo armonico, da lui applicata nelle sue composizioni. Nel suo lavoro teoricoUnterweisung im Tonsatz(1937-39) Hindemith aveva infatti esposto le proprie convinzioni circa questo parallelo, stabilendo dei gradi di affinità armonica e melodica in musica e mettendoli in relazione alle proporzioni matematiche che regolano il moto planetario. Lo schizzo dell’opera fu abbozzato già nel 1939, ma negli anni Quaranta, durante la permanenza del compositore negli Stati Uniti, il progetto non progredì. All’inizio degli anni Cinquanta il lavoro prese forma concreta, dapprima nella forma di una sinfonia in tre movimenti (Symphonie ‘Die Harmonie der Welt’, 1951) e infine nella struttura teatrale in cinque atti. L’opera fu accolta alla ‘prima’ di Monaco con freddezza e non ebbe un gran numero di allestimenti, neppure nella versione ridotta approntata nel 1966, dopo la morte dell’autore, basata sulle indicazioni in possesso della vedova.

Atto primo. In diverse città dell’Europa centrale tra il 1608 e il 1630, all’epoca della guerra dei Trent’anni. Una strada di Praga, dove l’ex studente Tansur sbarca il lunario da ciarlatano, vendendo presagi di sventura causati dal passaggio della cometa. Un seguace di Keplero, Ulrich, ridicolizza queste sciocche credenze popolari. Alla scena assiste in incognito il condottiero Wallenstein, che ingaggia il loquace Tansur come arruolatore di soldati per il suo esercito. Intanto in un cimitero del Württemberg la madre di Keplero, Katharina, dissotterra di notte il cranio del defunto marito. Convinta seguace di pratiche magiche, vuole forgiarne una coppa dove far bere il figlio, per preservarlo dalla superbia intellettuale. Alla riesumazione assiste anche il figlio minore, Christoph. Nello stesso momento, grazie a una visione di Katharina, appare il debole imperatore Rodolfo II, che osserva da un balcone la volta stellata con un cannocchiale. Egli controbatte a Keplero, secondo cui l’assetto del cosmo è ordinato da regole imperscrutabili nella vita terrena che il mondo non è altro che un caos, governato dalle potenze del male. In stato di agitazione ipocondriaca, l’imperatore passa alle vie di fatto: calmato a stento dai servitori, tenta di aggredire l’astronomo. Nella sua casa di Praga, in compagnia della figlia Susanna, Keplero è intento allo studio, allorché giunge Ulrich con la richiesta di un suo trasferimento a Linz. Dalla strada giunge la voce che Rodolfo II ha abdicato; Keplero ha ora la strada libera, e accetta il nuovo posto.

Atto secondo. Praga, qualche anno dopo. Tra le macerie e le rovine della guerra, Tansur ha scovato una piazza nella città distrutta, dove Wallenstein può costruire il suo palazzo. I poveri, che vivono rintanati nelle rovine, non vogliono tuttavia lasciare i loro miseri rifugi. Wallenstein piega la loro resistenza con un piccolo indennizzo e ordina a Tansur di trovare nuovi soldati. In una bella domenica di primavera, a Linz, andando alla messa, Ulrich rivede un suo amore di gioventù, Susanna, accompagnata dal tutore barone von Starhemberg, e si risolve a chiederne la mano. Dalla chiesa arrivano i fedeli discutendo animatamente: il parroco Hizler si è rifiutato di comunicare Keplero. Nella disputa Susanna difende con passione l’astronomo ottenendo l’appoggio del barone, che deplora il dogmatismo del parroco. Starhemberg invita Keplero nella sua tenuta e lo incoraggia a prendere in moglie Susanna, suscitando così la gelosia di Ulrich. Passeggiando nei giardini del castello, Susanna e Keplero si confessano il loro reciproco amore. Mentre decidono di condividere la loro vita, nel giardino dell’osteria Ulrich annega il dispiacere nel vino e accetta la proposta di Tansur di arruolarsi.

Atto terzo. Qualche anno dopo. Nella casa di Keplero a Linz, la figlia Susanna è incantata dalle voci della Luna, che è intenta a contemplare. Nel frattempo giunge la madre di Keplero in cerca di rifugio presso il figlio, per sfuggire al processo per stregoneria. Presto sorgono tensioni con la nuora e Keplero, che sente l’armonia della vita domestica turbata, prega la madre di tornare nel Württemberg. Qui la donna subisce il processo, da cui si difende disperatamente; senonché lo stesso figlio Christoph racconta quel che ha visto al cimitero. Quando Katharina sta per essere torturata, compare Keplero con l’ordine del margravio di sospendere la pena; il popolo è deluso. In un dialogo col figlio la madre esprime la sua fede nella magia, e tenta di convincerlo a lasciare la famiglia e a unire la sua sapienza alle forze occulte; Keplero la respinge bruscamente.

Atto quarto. Nel 1628, durante una festa nel palazzo di Praga, Wallenstein ordina alle truppe di marciare contro Stralsunda e gli svedesi. Tansur, divenuto maggiordomo, incontra di nuovo Ulrich. Ma il brio della festa è ingannevole: Wallenstein, estremamente preoccupato, perde persino l’autocontrollo. Ulrich se ne accorge e diventa il parafulmine della collera del condottiero. L’arrivo di Keplero placa in fretta la sua agitazione: Wallenstein è impressionato dalle idee di Keplero e ritiene che il pensatore possa essere utile al proprio disegno, l’edificazione di un immenso impero; Keplero è scettico, ritenendo che il pensiero teorico e quello pratico non siano coniugabili, ma accetta l’invito di Wallenstein di seguirlo a Sagan, in Slesia.

Atto quinto. 1630, anno della morte di Keplero. Davanti al portico della casa di Keplero Ulrich, di ritorno vittorioso da Stralsunda, incontra Susanna: odia ancora Keplero, e si prende gioco delle sue idee sull’armonia del mondo. Susanna, profondamente colpita, rientra in casa; ha il presentimento che non rivedrà più il marito, partito per Ratisbona per un incontro col principe. Nel salone del municipio di Ratisbona, il principe incalza il titubante Ferdinando II perché affidi a lui il comando dell’esercito. Nello stesso momento Keplero, malato, guarda questi eventi storici dal suo letto, nel delirio febbrile. Caduto in profonda rassegnazione, tira le somme della propria vita: solo nella morte è la grande armonia, e si deve riconoscere che la parola ‘verità’ è vana. Durante l’agonia e la morte di Keplero risuona dall’alto la musica delle sfere, interrotta ancora una volta dall’assassinio di Wallenstein. Nella visione del firmamento, il sistema solare appare personificato dai personaggi dell’opera. Tutto è parte «del grande suono, una voce nel corale divino».

I motivi della scarsa diffusione dell’opera risiedono, più che nelle sue ampie volumetrie ‘da cattedrale’, nella difficoltà di coniugare la concettosità del libretto di Hindemith con le esigenze di una drammaturgia teatrale. Il compositore, autore anche del testo, ha pensato di ovviare alla mancanza di un vero sviluppo dell’azione con la proiezione simultanea di più scene, come in una sorta di pala composta da più pannelli. Ma è soprattutto nel tessuto musicale che Hindemith ha creato una struttura a legami forti; ogni scena è tagliata in una specifica forma musicale, che ne configura il carattere: dal semplice Lied alla poderosa passacaglia che chiude l’opera. Tutta la costruzione musicale è retta dalla tonalità fondamentale di mi maggiore, associata al personaggio di Keplero, sulla quale il lavoro inizia e termina; i rapporti di ciascun fatto o personaggio con il protagonista sono definiti armonicamente in base a una maggiore o minore vicinanza di ciascun suono alla tonica mi. Il ‘fondamentalismo tonale’ di Hindemith, che inevitabilmente andava a urtare contro le prospettive schiuse da Schönberg, non poteva suscitare in quegli anni l’entusiasmo della giovane avanguardia né, d’altra parte, l’austerità del suo pensiero poteva appagare le aspettative del pubblico borghese. Nella sua collocazione sospesa a metà strada tra il rinnovamento e la conservazione, il messaggio dell’opera è rimasto lettera morta, facendo perdere di vista anche i notevoli pregi che la contraddistinguono: la fantasia timbrica, la maestria contrappuntistica e un originale ed espressivo senso lirico, che anima le migliori pagine, come il canto nuziale di Susanna (secondo atto) o il suo disperato monologo finale.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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