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Ifigenia
Tragedia musicale in un atto proprio e di Alberto Perrini
Musica di Ildebrando Pizzetti 1880-1968
Prima rappresentazione: Firenze, Teatro Comunale, 9 maggio 1951

Personaggi
Vocalità
Achille
Tenore
Agamennone
Basso
Clitennestra
Mezzosoprano
Ifigenia
Soprano
il nunzio
Baritono
narratore
Recitante
primo corifeo
Baritono
un altro corifeo
Soprano
un altro corifeo
Tenore
Note
L’opera nacque rapidamente fra l’aprile e il luglio 1950, in seguito a una precisa commissione della Rai: la richiesta di una breve opera radiofonica che l’ente, poi, avrebbe presentato al Premio Italia di quell’anno; la prima esecuzione avvenne il 3 ottobre (Torino, Auditorium Rai). Pizzetti aveva accettato volentieri la sfida legata alla nuova esperienza, malgrado alcune esitazioni iniziali, e aveva individuato nella «giovane, vestita di bianco, che procedeva lentamente in mezzo a una folla di donne piangenti, verso l’ara del sacrificio» il soggetto da cui trarre ispirazione. Oltre alla nobiltà spirituale e alla severa coerenza drammatica, fu l’umanità indifesa di Ifigenia e Clitennestra ad attrarre il compositore, il quale eluse la possibilità dell’evento soprannaturale finale (la sostituzione di Ifigenia con una cerbiatta) proprio perché a nessun intervento estraneo potesse essere affidato il compito di cancellare la responsabilità di qualunque atto crudele. Nella drammaturgia di questa breve sintesi tragica, il rilievo concesso all’umanità di Ifigenia e Clitennestra, di una Clitennestra ‘madre eterna’, scaturisce così fra le illustrazioni concesse dalla musica alle ragioni del male, dalla superstizione alla debolezza di Agamennone, alle ‘ragioni di stato’, ossia all’arroganza dei soldati.

L’antefatto viene presentato da un narratore: gli dèi, incolleriti con i Greci, hanno imposto ad Agamennone il sacrificio della figlia Ifigenia, quale condizione perché la sua flotta possa partire dall’Aulide per Troia. Nel campo greco giungono Ifigenia e la madre, Clitennestra, dietro invito di Agamennone: come pretesto per la loro venuta è stato prospettato il matrimonio di Ifigenia con Achille. Le donne trovano però il re turbato; è Achille a svelare loro la verità, manifestando fermezza nei confronti del volere divino. Anche presso Agamennone a nulla valgono le suppliche di Clitennestra, sgomenta e inorridita all’idea di cedere la figlia quale vittima propiziatoria ad Artemide. Il re, come Achille, è inesorabile: oltre la collera degli dèi egli teme l’insurrezione dei soldati, sempre più impazienti di salpare; chiama così Ifigenia e la esorta ad affrontare con coraggio la terribile prova. La fanciulla, rassegnata, si reca all’altare del sacrificio. Nell’epilogo, quando la nebbia scesa a nascondere l’atto sacrificale si dirada, una voce misteriosa si leva a chiedere il perché dell’eterno perpetuarsi della guerra. Ma non esiste nessuna risposta: la stessa voce, dopo l’intervento del coro, che moltiplica simbolicamente in più lingue il doloroso interrogativo («Perché? Pourquoi? Por qué? Warum? Why? Quare?»), implora in latino la pietà divina su tutti, vittime e carnefici.

Con quest’opera, che poi vinse il Premio Italia, Pizzetti sembra ritrovare la propria musa ispiratrice, dopo una serie di prove teatrali giudicate discutibili anche dai suoi estimatori. La partitura diIfigeniaè forse una delle più varie del compositore, anche perché vi si ravvisa la preoccupazione di rendere quegli elementi ornamentali e d’ambientazione che di solito sono oggetto della cura di scenografi e registi. Vi sono marce militari, trombe guerresche, la ricerca di uncouleur, come già era avvenuto ai tempi delle musiche di scena perLa Pisanellao inFedra, o ancora nel secondo atto diDebora e Jaele. Al coro, voce ‘multanime’, si chiede di esprimere la brutalità dei canti guerreschi, il candore innocente delle fanciulle e delle madri greche e l’«umanità corale» del pensiero pacifista sovratemporale della scena finale che, tra l’altro, nella rappresentazione teatrale fiorentina del 1951 diretta dall’autore, si era avvalsa di un fondale – con templi greci, cattedrali medioevali e moderni grattaceli – firmato da De Chirico. Pizzetti si cimentò in una seconda e ultima esperienza radiofonica conCagliostro,opera su libretto proprio trasmessa dalla Rai il 5 novembre 1952 e poi andata in scena al Teatro alla Scala il 24 gennaio 1953; il dramma (in un prologo, due episodi e un epilogo) non pervenne però ai felici risultati espressivi diIfigenia.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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