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Minnie la candida
Opera in tre atti proprio, dal dramma omonimo di Massimo Bontempelli
Musica di Riccardo Malipiero 1914-
Prima rappresentazione: Parma, Teatro Regio, 19 novembre 1942

Personaggi
Vocalità
Adelaide
Contralto
Astolfo
Basso
Egeo
Baritono
il padre
Tenore
Minnie
Soprano
suo zio
Basso
Tirreno
Tenore
un uomo
Tenore
Note
Fin dalla prima lettura del testo di Bontempelli, nel 1940, Malipiero pensò di farne un libretto, con minime modifiche, per un’opera che fu pronta pochi giorni prima della sua partenza per il fronte russo, nel giugno 1942, e fu rappresentata a novembre, per conto del Teatro delle Novità. Il carattere metafisico del ‘realismo magico’ di Bontempelli si coniugò perfettamente con l’asciutta, antiromantica e raffinata scrittura di Malipiero in questa sua prima produzione teatrale, provocando quasi uno scandalo. L’opera sembrò ai recensori «arida, monotona e piuttosto scarsa di emozione. Il pubblico ne è rimasto sconcertato, e la critica, pur attraverso lodi alle doti del compositore e all’audacia dell’esperimento, è stata evasiva o avversa». L’unica nota di sincero apprezzamento venne da Gavazzeni, che diresse la ‘prima’ e ammirò la coerenza e l’interiore emozionalità della partitura. Su questa linea si ritrovò anche la critica in occasione della ripresa di Genova nel 1974: fu apprezzata non solo la maestria tecnica, ma anche la «carica teatrale autentica e la capacità di tradurre in realtà viva e autentica verità l’assurdo».

Atto primo. Egeo presenta all’amico Tirreno la sua fidanzata Minnie, una ragazza straniera alquanto ingenua, alla quale Tirreno fa credere che i pesci rossi di una vasca siano creature azionate elettricamente e insinua addirittura che esistono anche uomini e donne artificiali, inconsapevoli di esserlo. Le svela poi di aver scherzato; ma Minnie è turbata.

Atto secondo. Giungono Adelaide e lo zio di Egeo: Minnie è ormai suggestionata da Tirreno e li accusa di essere creature finte.

Atto terzo. Ormai totalmente alienata, Minnie vive barricata in una stanza con Egeo e Tirreno, che dapprima la compatiscono, quindi cominciano a condividere la sua follia. Minnie arriva a convincersi di essere ella stessa una donna artificiale: spinge i due uomini fuori dalla stanza e si getta dalla finestra.

Al sospetto circa l’esistenza di uomini ‘artificiali’, Malipiero fa corrispondere l’automaticità di procedimenti iterativi o di strutture ‘meccaniche’ quali il canone o la rigida imitazione, culminanti nella fuga del finale. Vengono impiegate anche altre forme, in cui si possono scorgere dei riferimenti a Berg ma anche, più in generale, la ricerca di effetti antirealistici: variazioni, un corale, un ricercare (che venne trovato da Gavazzeni estremamente poetico), un tango. Il linguaggio è scarno, fino a dar quasi un senso di vuoto; passi completamente diatonici, inoltre, si inseriscono in un tessuto decisamente atonale, rendendo evidente la «personale ricerca di una più serrata logica linguistica che non è ancora dodecafonia» (Zanetti). Nella flessibilità del declamato e nell’abile trasformazione di piccole cellule tematiche si nota l’influenza dell’illustre zio Gian Francesco Malipiero, anche se il linguaggio dell’opera rimane personalissimo, controllato fin nella coerenza dei particolari.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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