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Pittagorici, I
Dramma in un atto di Vincenzo Monti
Musica di Giovanni Paisiello 1740-1816
Prima rappresentazione: Napoli, Teatro San Carlo, 19 marzo 1808 (?)

Personaggi
Vocalità
Bindeco
Soprano
Cleobolo
Basso
Filtea
Soprano
Leofrano
Tenore
Rodope
Soprano
Tearide
Basso
un corifeo
Tenore
un pittagorico
Tenore
Note
Uomo del XVIII secolo, pienamente calato nella dimensione di artista di corte (di qualunque corte, a seconda dell’occasione contingente), Paisiello si trovò sbalestrato tra i rivolgimenti politici italiani di fine Settecento e inizio Ottocento. Nulla prova una sua adesione convinta al giacobinismo, anche perché eventuali sbilanciamenti in quel senso furono puntualmente smentiti da pubblici pentimenti ogni volta che la causa legittimista aveva la meglio. Nel 1799 riuscì, diversamente da Cimarosa, a non compromettersi più di tanto con la Repubblica Partenopea, ottenendo la riabilitazione al ritorno dei Borboni. La sua presenza a Parigi come Maestro di cappella di Napoleone, tra il 1802 e il 1804, non ebbe una precisa connotazione ideologica e fu fra l’altro sollecitata dallo stesso Ferdinando IV di Borbone, intenzionato a non inimicarsi il Primo Console. Un coinvolgimento diretto del musicista con l’ideologia napoleonica si verificò solo nel 1808, quando, tornati i francesi a Napoli e regnante Giuseppe Bonaparte, egli musicòI pittagorici, «dramma di un atto solo» rievocante in forma allegorica la feroce repressione borbonica nei confronti dei giacobini animatori della Repubblica nel 1799. Lo spettacolo doveva servire ai festeggiamenti per una visita di Napoleone, poi cancellata, e fu dunque messo in programma per l’onomastico del fratello Giuseppe. La data 19 marzo 1808, indicata dal libretto a stampa, non trova tuttavia conferma nei giornali dell’epoca, sicché non vi è l’assoluta certezza che l’esecuzione sia effettivamente avvenuta. Vincenzo Monti, qui alla sua seconda e ultima prova come librettista (è del 1804 unTeseomilanese, anch’esso di contenuto giacobino, per la musica di Vincenzo Federici, al quale vanno aggiunte alcune cantate per musica), svela apertamente il travestimento allegorico della prima edizione: «sotto l’immagine di antichi fatti si sono adombrati i lagrimevoli avvenimenti che funestarono il regno di Napoli nell’infelice epoca del 1799». I membri della setta pitagorica sono i patrioti repubblicani; il tiranno Dionigi loro persecutore, Ferdinando IV ( il «re stolto e barbaro»); l’eroe Archita salvatore degli oppressi, Napoleone. Nel racconto del «pontefice» Leofrano vengono ricordate le condanne a morte del 1799, le violenze delle bande sanfediste e alcune delle vittime, come Domenico Cirillo, Mario Pagano e soprattutto l’ammiraglio Caracciolo (cui è attribuito il nome di Agesarco). Dopo la sconfitta del tiranno a opera dell’esercito di una ‘Confederazione Italiana’, Leofrano ha la profetica visione di una nuova Italia posta sotto l’illuminata sovranità di Archita-Napoleone. Nel dramma prevalgono le grandi scene rituali (inno al Sole, giuramento di guerra e simili), mentre i pochi eventi non sono direttamente rappresentati, bensì raccontati e commentati. Anche le figure-chiave del tiranno e del liberatore non sono presenti in scena.

I caratteri anomali del libretto si riflettono nella partitura, che contiene solo tre arie nel senso tradizionale del termine e si articola invece in una forma ‘aperta’ di ascendenza francese, risultante dalla compenetrazione di pezzo solistico, brano d’insieme e coro, con il recitativo (sempre accompagnato) a fare da collante. Se la rievocazione delle vittime del 1799 assume nella veste musicale accenti commossi, gli inviti alla lotta sono trattati da Palsiello con una grandiosità marziale in tutto rispondente alle istanze della propaganda napoleonica. La partitura deiPittagoricifu a lungo considerata perduta (si ipotizzò anche la sua distruzione per ordine dei Borboni, dopo il loro ritorno nel 1815). Solo pochi anni fa sono state rintracciate due copie manoscritte che hanno permesso, oltre a una moderna ricognizione critica, anche un paio di esecuzioni, a Catania (1990) e Taranto (1993).
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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