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Reggente, Il
Melodramma in tre atti e cinque quadri di Salvatore Cammarano, da Gustave III ou Le bal masqué di Eugène Scribe
Musica di Saverio Mercadante 1795-1870
Prima rappresentazione: Torino, Teatro Regio, 2 febbraio 1843

Personaggi
Vocalità
Amelia
Soprano
il conte Murray
Tenore
il duca Hamilton
Baritono
Kilkardy
Basso
Lord Howe
Tenore
Meg
Soprano
Oscar
Soprano
Scoto
Tenore
Note
Come ilBallo in mascheradi Verdi, anche quest’opera attinse a un libretto scritto da Scribe nel 1833 per Auber, a sua volta desunto da un fatto di cronaca avvenuto nella Svezia del XVIII secolo (nell’opera di Mercadante l’azione è trasportata «in Iscozia nel 1570»). Tuttavia, rispetto a Somma (il librettista di Verdi), Cammarano smussò i particolari scabrosi, che avrebbero potuto urtare la suscettibilità del pubblico del tempo, presentando un’Amelia che, pur con l’attenuante di avere amato Murray prima che il padre la costringesse a sposare il duca, non cede mai alla sua segreta passione. Non di poco conto sono le differenze tra le due partiture. Dal confronto, l’opera di Mercadante esce spesso in una luce più convenzionale (manca la canzone del pescatore; il conte decide di troncare con Amelia solo al termine del ballo, che è peraltro annunciato da un semplice servitore e non già alla presenza dei congiurati, ma della sola Amelia e del marito), anche se alcune scelte di Cammarano si rivelano interessanti dal punto di vista teatrale (morendo, il conte parla con Hamilton rassicurandolo sulla condotta di Amelia e mostrandogli il foglio di trasferimento ma, poiché nessuno ha assistito all’attentato, finge anche che l’assassino sia un’altra persona). Il raffronto tra le due opere mette infine in luce la sottile ma sostanziale mancanza digalanterie(così tipica delBallo) nell’opera di Mercadante che, composta quindici anni prima del capolavoro verdiano, denuncia la sua piena appartenenza alla tradizione teatrale del tempo, presentando Oscar come un tipico mezzosopranoen travestidi primo Ottocento e non rinunciando alla consuetudine di attribuire a ogni atto un titolo diverso (‘Il sortilegio’; ‘La dama velata’; ‘Il ballo in maschera’), come avveniva nel coevo romanzo d’appendice. Prosegue in quest’opera la ricerca, già ampiamente messa a punto da Mercadante nei capolavori della maturità, di un nesso più profondo tra le esigenze espressive e le formule melodrammatiche; non al punto di eludere i presupposti formali di queste ultime, ma con l’intento di agire al loro interno, rielaborandole. Secondo questa accezione va intesa la presenza di episodi nello stile del declamato melodico, all’interno di pezzi chiusi di struttura tradizionale, in ossequio al mutare del registro drammatico e narrativo predisposto dal libretto di Cammarano. Il limite di quest’operazione è però nell’incapacità di inscrivere queste soluzioni all’interno di un progetto drammaturgico complessivo, capace di estendersi a tutta l’opera, e non invece al singolo brano o alla singola scena. Più che a un vero e proprio rinnovamento del linguaggio operistico, come più tardi sarà attuato da Verdi, Mercadante sembra qui riallacciarsi idealmente all’aria d’opera seria settecentesca, e a quel regolato complesso di generici affetti a essa legato, che ne consentiva l’intercambiabilità e il trasferimento da opera a opera; ciò è ravvisabile anche nei brani concertati, peraltro molto elaborati e di buona fattura. L’opera fu accolta con successo e fu ripresa lo stesso anno al Nuovo di Padova (13 giugno) e a Trieste (11 novembre); l’ultima esecuzione avvenne a Palermo nel 1870.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi

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