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Station thermale, La
Dramma giocoso in tre atti di Myriam Tanant, da I bagni d’Abano di Goldoni
Musica di Fabio Vacchi 1949-
Prima rappresentazione: Lione, Atelier Lyrique, 13 novembre 1993

Personaggi
Vocalità
Bettina
Soprano
Corallina
Soprano
Dorina
Mezzosoprano
il cavaliere di Corallina
Tenore
il servitore
Baritono
Lisetta
Soprano
Luciano
Tenore
Marubbio
Baritono
monsieur La Flour
Baritono
Pirotto
Basso
Riccardo
Baritono
Rosina
Soprano
Sandrina
Mezzosoprano
Violante
Mezzosoprano
Note
La genesi dell’opera è strettamente collegata a una commissione da parte dell’Atelier Lyrique di Lione, in occasione delle celebrazioni per il secondo centenario della morte di Goldoni. Ispiratosi per le sue due opere precedenti a due scrittori del Novecento come Arthur Schnitzler e Tonino Guerra, ben difficilmente si sarebbe potuto ipotizzare che un compositore come Vacchi, che proviene dall’avanguardia ed è stato allievo di Giacomo Manzoni e Franco Donatoni, avrebbe tratto spunto per un opera da Goldoni. E non a caso, individuata nella letterata e studiosa goldoniana Myriam Tanant l’ideale traduttrice e autrice del libretto, la prima mossa del musicista bolognese fu quella di scegliere un testo pressoché sconosciuto – e per ciò stesso meno vincolante – tra i tanti del drammaturgo veneziano, ossia il libretto d’operaI bagni d’Abanodel 1753 (un libretto peraltro mai intonato da nessun compositore dell’epoca, almeno a quanto risulta). Testo che è appunto da considerare alla stregua di un mero spunto creativo, avendo compiuto Tanant, nello scrivere il libretto, un lavoro di vera e propria riformulazione in chiave moderna dell’assunto drammatico. D’altra parte,La Station thermalesi profila come l’opera di Vacchi di gran lunga più tradizionale, strutturata in tre atti a loro volta suddivisi in scene contigue, che seguono un filo narrativo tipicamente esemplato sul modello dell’opera buffa.

Nell’unità di tempo (tutto accade in una sola giornata) e di luogo (tutto accade all’interno della stazione termale), il dramma rappresenta le manie e le intricate vicende personali di una serie di personaggi di varia umanità: lo scrittore in cerca di ispirazione, la diva che ha perduto la voce, il musicologo isterico, la coppia in crisi coniugale. Le vicende personali di costoro sembrano intrecciarsi e complicarsi ulteriormente, finché l’intervento risolutore di uno strano e misterioso personaggio, che si qualifica come mago, non fa ritornare alla normalità la vita di tutti.

L’opera, in seguito alla prima rappresentazione lionese, ha goduto e gode tuttora di una notevole circolazione in tutta Europa, tanto più lusinghiera per il compositore se si considera la difficoltà di tanti lavori contemporanei a entrare stabilmente in repertorio. Tra le possibili cause di tanto successo sono da considerare l’attenzione che il compositore ha sempre destinato ai problemi di percezione – problemi che nellaStation thermalel’autore ha risolto tramite un ritmo drammaturgico sapientemente alternato tra «tensione, distensione, slancio, respiro, riposo, reazione a stimoli e interrelazioni fra soggetti» – e una sostanziale eufonia armonica e prosodica (la vocalità tiene in grande considerazione l’inflessione del parlato francese). Meno facilmente percepibile, ma non meno importante, è il rigore costruttivo attraverso il quale Vacchi ha dato forma alla partitura, muovendo dallo sfruttamento e dall’ampliamento organico e controllato di un unico materiale di base, costituito da un ‘campo armonico’ di cinque suoni, già a lungo sperimentato peraltro in precedenti composizioni. Non v’è battuta nell’opera che non segua infatti una logica armonica impostata in modo sufficientemente chiusa e ‘fissa’ da garantire unità e omogeneità di colore e, al contempo, dotata di una mobilità interna (ad esempio per mezzo di varianti contrappuntistiche, trasposizioni) che consenta di aderire al dettato drammatico. Di eccellente fattura è infine la scrittura timbrica dell’opera, che volentieri rinuncia al potente, stentoreo effetto orchestrale, in favore di impasti cameristici di volta in volta più raffinati, alcuni dei quali sono rintracciabili nella raccolta di pezzi da camera intitolataLuoghi immaginari. Proprio da quest’ultima opera, e precisamente dalSettimino, che è il penultimo dei cinque brani di cui è costituita, è tratto il materiale della suggestiva scena finale (caso peraltro esemplare di ‘musica al quadrato’ e di teatro nel teatro): l’aria in forma chiusa cantata dalla diva Violante, aria con cui ha termine l’opera di Vacchi e lo spettacolo organizzato per intrattenere gli ospiti durante le serate alla stazione termale.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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