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Salvatore Giuliano
Opera in un atto e tre quadri di Giuseppe Di Leva
Musica di Lorenzo Ferrero 1951-
Prima rappresentazione: Roma, Teatro dell’Opera, 25 gennaio 1986

Personaggi
Vocalità
il colonnello Luca
Basso
la madre
Mezzosoprano
Maria
Soprano
Pisciotta
Baritono
Salvatore Giuliano
Tenore
Sciortino
Tenore
un mafioso
Basso
un rappresentante dell’Evis
Baritono
Note
Nella decina di opere che costituiscono il catalogo teatrale del torinese Lorenzo Ferrero,Salvatore Giulianoè probabilmente la più tradizionale e convenzionale sotto il profilo melodrammatico. Anche tralasciando numerosi aspetti particolari, che sembra desumere daCavalleria rusticana, essa infatti è drammaturgicamente tagliata secondo l’esatto modello dell’opera verista: breve, rapida, ispirata a fatti di cronaca, effettistica e sanguigna. E ancora, dell’opera verista condivide la preminenza delle romanze sulle arie, l’idea stessa della vocalità come luogo teatrale e narrativo per eccellenza (inSalvatore Giulianol’attenzione alla percepibilità del testo si spinge fino al punto di non far mai cantare contemporaneamente due o più cantanti, nemmeno nei duetti), l’uso di un’orchestra sempre subordinata al canto, se non in alcuni momenti che fungono da cornice (inSalvatore Giulianosono un preludio, un intermezzo e un postludio posti tra il primo quadro e il secondo, e un intermezzo tra secondo e terzo). D’altronde Ferrero è convinto assertore della validità e dell’immutabilità della struttura operistica tradizionale, nonché del fatto che da essa e dalle sue regole non si possa prescindere se si voglia narrare qualcosa attraverso la musica. L’opera ha goduto e gode tuttora di buona circolazione, soprattutto in Germania; di facile ascolto, la musica utilizza materiali di matrice tonale, che si riallacciano con serafica naturalezza tanto alla tradizione operistica ottocentesca quanto al rock, tanto alla musica popolare quanto all’ossessiva ritmicità dell’esperienza minimalista americana, cui Ferrero ha sempre guardato, fin dai suoi esordi, con estremo interesse.

Quadro primo. Un paese deserto, di notte. Si ode uno sparo e si intravvede fuggire un uomo. Il villaggio si rianima. Un uomo dell’Evis (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia) sale in piedi sul cofano dell’auto con cui è giunto e arringa la folla, incitandola alla separazione dallo stato italiano. La folla approva, e invoca il bandito Salvatore Giuliano come suo capo. Questi interviene per promettere di «togliere ai ricchi per dare a chi ha bisogno». Terminato il discorso, dialoga con Pisciotta, che ritiene inaffidabile il rappresentante dell’Evis; quindi è avvicinato dalla madre, liberata dal carcere grazie all’intervento di un mafioso, che si presenta proponendo di unirsi a lui nella lotta contro lo stato. Rimasto solo con la madre, le confida di temere l’amicizia tanto dei politici dell’Evis quanto della mafia; la madre lo esorta a non abbandonare la sua missione.

Quadro secondo. Sulla montagna, roccaforte dei banditi, Giuliano racconta la sua vita a Maria, una giornalista giunta dalla Svezia per intervistarlo; ma il racconto è interrotto dall’arrivo del mafioso: chiede di impedire che i ‘rossi’ facciano il corteo del primo maggio, in cambio della sua protezione. I due si accordano. I banditi Sciortino e Pisciotta mettono in guardia Giuliano dal farsi troppi nemici, ma inutilmente; sulla scena resta Maria che, innamorata di Giuliano, vorrebbe almeno passare una notte con lui. La scena successiva, solo strumentale, rappresenta la strage di Portella delle Ginestre, perpetrata dai banditi di Giuliano ai danni dei comunisti.

Quadro terzo.Nella piazza del paese si trova ora Luca, capo del neonato Cfrb (Corpo di Forze per la Repressione del Banditismo); un deputato lo raggiunge per intimargli l’ordine del ministro di massacrare Giuliano, che ormai sa troppe cose. Intanto ha luogo il matrimonio di Sciortino e Marianna, sorella di Giuliano. Durante la festa nuziale cinque mafiosi avvisano Giuliano che il ministro ha messo una taglia di cinque milioni su di lui; la replica del bandito si traduce in una sprezzante arringa, davanti ai presenti, contro il ministro. Quindi, pur sconsigliato da Sciortino e da Pisciotta, ordina ai suoi di uccidere a freddo i cinque mafiosi; sul luogo del delitto, mentre la polizia si occupa di portar via i cadaveri, il mafioso e il colonnello Luca decidono di unire le forze della mafia e dello stato contro Giuliano. Nella scena successiva Luca riesce a convincere Pisciotta a tradire l’amico, in cambio della vita; in un dialogo con Pisciotta, Giuliano consiglia invano all’amico la fuga in America. La scena successiva, solo strumentale, presenta il paese deserto, come all’inizio; appaiono le ombre di due uomini sullo sfondo: uno spara e l’altro cade. Le luci del villaggio si spengono e si ode una voce di donna gridare: «Giuliano!».
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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