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Torvaldo e Dorliska
Dramma semiserio in due atti di Cesare Sterbini
Musica di Gioachino Rossini 1792-1868
Prima rappresentazione: Roma, Teatro Valle, 26 dicembre 1815

Personaggi
Vocalità
Carlotta
Contralto
Dorliska
Soprano
Giorgio
Basso
il duca d’Ordow
Basso
Ormondo
Basso
Torvaldo
Tenore
Note
Già dal maggio 1815, Rossini prendeva accordi con Angelo Anelli perché gli scrivesse un libretto nuovo, o ne adattasse uno già pronto, per la stagione di carnevale del Teatro Valle di Roma. Non riuscendo ad accordarsi affidò il lavoro, su consiglio dell’impresario Pietro Cartoni, al quasi esordiente Cesare Sterbini, già noto negli ambienti letterari romani per le sue doti d’improvvisatore. Sulla scelta dell’argomento e la stesura del libretto diTorvaldo e DorliskaRossini non ebbe nessun potere, tanto è vero che, giunto a Roma alla fine dell’autunno 1815, reduce dal successo diElisabetta regina d’Inghilterra, trovò il testo già pronto. Sterbini scelse un argomento di genere semiserio, sullo stile dellaLodoïskadi Mayr e dell’Agnesedi Paër, allora di moda e assai apprezzato a Roma. Rossini trovò nella città papalina un ambiente familiare, cordiale e senz’altro stimolante dal punto di vista culturale. Mentre componeva l’opera nuova, curava anche la messinscena delTurco in Italia, rappresentato, con grande successo di pubblico, il 7 novembre; per l’occasione apportò qualche modifica alla partitura: scrisse una nuova cavatina per Fiorilla (“Presto amiche, a spasso, a spassoâ€) e una per Don Narciso (“Un vago sembianteâ€). Per la prima volta Rossini si accostava al genere semiserio; non fu un incontro entusiasmante, soprattutto a causa di un libretto fragile, nel quale le situazioni sono ben delineate, con spunti musicali e drammaturgici validi ma non logicamente connessi.

Nel castello di Ordow, in una provincia del nord Europa. Il duca di Ordow, noto per la sua tirannia, per conquistare la bella Dorliska fa uccidere il suo sposo Torvaldo; la giovane riesce a sfuggirgli e trova rifugio in un castello, che altro non è che la dimora del duca, il quale la fa imprigionare. Nel frattempo Torvaldo, che in realtà non è morto, con uno stratagemma penetra nel castello ma, scoperto, viene anch’egli imprigionato. Giorgio cospira con gli amici per salvare la coppia; Carlotta riesce a trafugare le chiavi della prigione per favorire un incontro tra i due innamorati. Accortosi dell’inganno, il duca minaccia i presenti, ma viene interrotto dal rumoreggiare della folla, in sommossa contro di lui: fatto prigioniero il duca, i due sposi possono ricongiungersi.

«Quello che contraddistingue il grande maestro, è l’arditezza del tratto, la trascuratezza dei particolari, la grandiosità del tocco; sa risparmiare l’attenzione per proiettarla tutta su ciò che è importante». Così, nellaVita di Rossini, Stendhal definisce lo stile del maestro nelTorvaldo e Dorliska, che lo scrittore francese vide alla Scala nel 1818, interpretata dalla Camporesi. Rossini aveva a disposizione uncastdi specialisti, con l’eccezione della protagonista Adelaide Sala, allora esordiente; ciò si riflette ampiamente nella scrittura vocale. Il maestro pesarese sfrutta a fondo le doti sceniche e virtuosistiche di Filippo Galli, scrivendo una scena di pazzia di ardua esecuzione (“Ah qual voce d’intorno rimbombaâ€), esempio di quell’utilizzo ‘espressivo’ della coloratura che caratterizzerà il Rossini napoletano; il buffo Ranieri Remorini deve affrontare, oltre a una sillabazione velocissima, anche numerosi passi di canto fiorito. Entrambi cantano su una tessitura piuttosto alta, che si può definire baritonale. Alla coppia dei protagonisti sono riservate tutte le convenzioni dovute: due arie a testa, con la scena nel carcere che dà l’occasione per cantare lo struggente duetto “Quest’ultimo addioâ€. Rossini, nell’esemplare la parte di Torvaldo per Domenico Donzelli, puntò, più che sulla coloratura, «sulla baldanzosa espressività del declamato»; infine, per la Sala, predispose una parte ricca di possibilità espressive, nella quale mostrare il proprio talento patetico. Però il dramma, nel suo insieme, non prende mai il volo; annovera brani di buona fattura, con alcune originali punte espressive, come la sortita di Dorliska “Tutto è vano; niun m’ascoltaâ€, il sestetto “Alme ree! tremate! Invano†o la pazzia di Ordow “Ah qual voce d’intorno rimbombaâ€, ma si tratta di momenti isolati.

Come sua abitudine, Rossini non rinunciò a utilizzare brani da opere precedenti; alcuni altri, invece, nati con quest’opera, troveranno collocazione in lavori successivi. Il secondo tema della sinfonia tornerà con modifiche nellaGazzetta(1816) e nellaCenerentola(1817). La cabaletta di sortita di Torvaldo, “Cara consolati, tergi le lagrimeâ€, non è che una delle tante variazioni di “Voce che tenera mi parli al coreâ€, dalla cavatina alternativa diTancredi. L’Allegro della seconda aria, “Ah potessi il braccio mioâ€, proviene da “Perdonate questo pianto†di Argirio, che apre il secondo atto diTancredi. L’Allegro dell’aria di Dorliska “Ah, morir per caro sposo†diventerà “L’innocenza di Lindoroâ€, ovvero la cabaletta dell’aria aggiunta nelBarbierescritta per la Fodor; l’accompagnamento orchestrale è quello del coro finale diCenerentola(“Degna del tron tu sei/ Ma è poco un trono a teâ€). L’incipitdel quintetto “Alme ree! Tremate invano†passerà nella cantataLe nozze di Teti e Peleo(Napoli, 24 aprile 1816) e diventerà poi l’aria di Adelaide “Sciogli la benda candida†nell’Adelaide di Borgogna. Le battute introduttive del duetto “Quest’ultimo addio†provengono dal coro dei sacerdoti nell’Aureliano in Palmira, mentre l’aria di pazzia del duca d’Ordow “Cento larve già intorno mi stannoâ€, passerà inOtello, nel duetto Otello-Jago “L’ira d’avverso fatoâ€.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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