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Tito Manlio
Dramma per musica in tre atti di Matteo Noris
Musica di Antonio Vivaldi 1678-1741
Prima rappresentazione: Mantova, Teatro Arciducale, carnevale 1719

Personaggi
Vocalità
Decio
Contralto
Geminio
Tenore
Lindo
Basso
Lucio
Soprano
Manlio
Soprano
Servilia
Contralto
Tito Manlio
Basso
Vitellia
Contralto
Note
Tito Manlioè una delle tre opere che Vivaldi compose per Mantova, dove tra il 1718 e il ’20 fu Maestro di cappella da camera presso il governatore imperiale, il principe Filippo d’Assia-Darmstadt. Il libretto era già stato messo in musica da Carlo Francesco Pollarolo per Firenze nel 1696 e negli anni successivi l’opera era stata presentata in altre città con varie modifiche e adattamenti. La vicenda, ispirata a un episodio narrato da Tito Livio inAb urbe condita(VIII,7), celebra le virtù romane del coraggio e dell’amor di patria senza però trascurare i consueti intrecci amorosi.

I latini, confederati dei romani, di fronte al rifiuto di nominare uno dei due consoli all’interno del loro popolo hanno spezzato l’alleanza con una dichiarazione di guerra. Tito Manlio, console romano, giura il suo odio nei confronti dei ribelli, seguito dal figlio Manlio e dal centurione Decio. Li imita anche il latino Lucio, che ama la figlia del console Vitellia, mentre questa, innamorata del comandante dei latini, Geminio, e Servilia, fidanzata di Manlio e sorella dello stesso Geminio, si rifiutano: la prima viene rinchiusa nei suoi appartamenti e la seconda viene cacciata da Roma. Incaricato dal padre di spiare il campo nemico senza però ingaggiare battaglia, Manlio viene provocato da Geminio e lo uccide in duello. Appresa la notizia, Tito Manlio condanna a morte il figlio per la sua disobbedienza; vane sono le suppliche di Servilia, mentre Vitellia desidera la morte del fratello. Al momento di scrivere l’ordine di esecuzione, il console esita per un attimo, ma spiega a Decio che è suo compito far rispettare la legge. Lucio è pronto ad assumere la guida dei Latini per liberare Manlio, ma questi preferisce morire piuttosto che tradire Roma. Poco prima dell’esecuzione, le acclamazioni delle falangi romane salvano il condannato: Decio lo libera, affermando che appartiene all’esercito e incoronandolo di alloro. Nella riconciliazione generale Lucio promette di far cessare le ostilità dei latini e Vitellia accetta di sposarlo. Si ha dunque il consueto lieto fine, smentendo l’evento storico, ma anche la tendenza tragica che prevale sino all’ultimo.

In base alle due partiture manoscritte conservate presso la Biblioteca nazionale universitaria di Torino, si è ipotizzato che Vivaldi avesse scritto senza destinazione specifica una prima versione, fedele al libretto originale di Noris, e l’avesse poi modificata in funzione dell’allestimento mantovano, che doveva festeggiare le nozze del governatore con la principessa Eleonora di Guastalla. Rispetto al libretto di Noris, che non presenta scene e personaggi comici, Vivaldi apportò diverse modifiche per assecondare il gusto della corte: le arie passano da 32 a 41 e con quattro nuove arie buffe viene creato un vero e proprio ruolo di basso comico per il servitore Lindo, probabilmente interpretato da un cantante locale. La celebre epigrafe alla partitura autografa «musica del Vivaldi fatta in cinque giorni» testimonia la proverbiale velocità con cui egli componeva, ma anche le condizioni generali di un’epoca in cui il compositore, specie se assumeva anche compiti impresariali, a volte doveva scrivere e allestire una nuova opera in tempi brevissimi. La fretta, insieme forse al desiderio di ripetere un precedente successo, spiega anche la prassi allora corrente della parodia e dei prestiti: l’aria “Povero amante cor†di Vitellia (II,17) riprende, con testo mutato, “Povera fedeltà†dell’Ottone in villa(1713), che ritornerà ancora in “Candida fedeltà†delGiustino(1724). La sinfonia del terzo atto, eseguita quando si prepara l’esecuzione di Manlio, è una trascrizione delConcerto funebreRV 579.

L’intento celebrativo dell’opera è testimoniato sia dalla fastosità dei costumi, che in base ai documenti sembrano riferiti non all’epoca romana ma alla moda settecentesca della corte mantovana, sia dalla ricchezza dell’organico orchestrale, che comprende oboi, corni, trombe, ‘flauti grossi’ (flauti diritti tenori), flautino, fagotto, timpani, archi e continuo. Il personaggio centrale è quello di Tito Manlio, di cui Vivaldi mette in luce non tanto il conflitto tra l’amore paterno e il senso del dovere ma il carattere severo, in cui il furore prevale sul dolore. La musica sottolinea questo aspetto con le figure ritmiche dell’orchestra; in particolare, la sua aria “Se il cor guerriero†(I,2), dall’atmosfera marziale, è citata da Talbot come esempio di accompagnamento orchestrale particolarmente elaborato, in cui la linea vocale sembra sovrapposta a un tessuto orchestrale autosufficiente. A Lucio, personaggio secondario dal punto di vista drammatico, sono affidate ben sette arie, che vennero interpretate dal castrato Gasparo Geri.

Nel 1720 l’opera fu presentata al Teatro della Pace di Roma, ma si trattava di un ‘pasticcio’, in cui i primi due atti erano rispettivamente di Gaetano Boni e Giovanni Giorgi e soltanto il terzo del compositore veneziano. Nel febbraio 1979 è stata ripresa alla Piccola Scala di Milano, sotto la direzione di Vittorio Negri, per le celebrazioni del terzo centenario della nascita di Vivaldi.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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