Durante gli ultimi trent’anni della vita di Steffani l’impegno di diplomatico e di alto ecclesiastico ha sovrastato quello del compositore; ormai egli è persona politicamente influente in tutta Europa, e soprattutto nelle corti tedesche. È nominato nel 1707 vescovo di Spiga e due anni dopo vicario apostolico della Germania del Nord. Decide così di far firmare tutti i suoi lavori musicali, ormai sempre più rari, dal suo copista Gregorio Piva. Di opere teatrali non ne ha quasi più scritte (di questi anni si conoscono solo un
divertissemente un pasticcio).
Tassiloneè l’unica eccezione, e fu composta con precisi intenti politici. Il libretto di Stefano Benedetto Pallavicino, il neanche ventenne fratello del più noto compositore Carlo, stabilisce dei precisi legami fra la corte di Düsseldorf e i recenti successi diplomatici con la Francia. In particolare Gheroldo, il vero protagonista dell’opera, si identifica con Giovanni Guglielmo del Palatinato, precedente protettore di Steffani. La vicenda attinge liberamente alla storica rivalità fra Carlomagno e Tassilone III, suddito frà ncone con aspirazioni indipendentiste, alterando il decorso della storia per concedere a Tassilone una nobile morte in duello (in realtà fu rinchiuso a vita in convento per volere di Carlomagno). E proprio il duello che Tassilone pretende per vendicare le accuse rivoltegli muove la tragedia di Pallavicini. Possiamo così sintetizzare un libretto complicato all’inverosimile: Tassilone cerca uno sfidante che prenda le parti di Carlomagno; Gismonda, moglie di Tassilone (in realtà si chiama Liutberga, ma «in grazia del verso»...), temendo per le sorti del marito convince Sigardo a inscenare un finto duello in cui dovrebbe rimanere solo ferito. Sigardo accetta perché segretamente ostile a Carlomagno e altrettanto segretamente innamorato di Gismonda. Ma si fa avanti anche Gheroldo, generale di Calomagno, che vuole morire perché l’amata Rotrude è stata destinata a Costantino, imperatore di Bisanzio. Di Rotrude è innamorato anche Adalgiso (l’Adelchi manzoniano) alla corte di Calomagno sotto false spoglie. Gheroldo però deve partire per una missione e il duello sarà sostenuto da Sigardo di cui è invano innamorata Teodata, sorella di Rotrude. Durante il duello Teodata, folle di gelosia, accusa Sigardo di amare Gismonda e Tassilone, in un incontrollato impeto d’ira, uccide lo sfidante. Purtroppo anche Tassilone è rimasto ferito e dopo lunga agonia muore. Adalgiso, scoperto figlio di Desiderio e quindi rivale di Carlomagno, è cacciato da corte e Rotrude potrà unirsi a Gheroldo tornato vittorioso dalla guerra.
La scrittura di Steffani (quattro parti oltre alle voci) sottende un’esecuzione a concerto grosso con un’alternanza di ‘soli’ e ‘tutti’ spesso esplicitamente indicata (soluzione resa discutibilmente sistematica nell’edizione critica del 1959, pubblicata neiDenkmäler rheinischer Musik, dove la partitura prevede un concertino di legni). Riconosciamo i tipici recitativi di Steffani, ricchi di colorature, e in genere il gusto di scrivere per esteso le improvvisazioni, facendole diventare procedimento formale (fra cui spiccano le arie di Rotrude, I,9 e di Adalgisa II,3). Ma l’ampiezza del lavoro offre a Steffani la possibilità di mettere in atto tutte le strategie compositive ormai saldamente acquisite dall’opera. Ecco così arie con strumento obbligato – fra le altre un virtuosistico fagotto e l’immancabile tromba (sulle parole «A facil vittoria») accompagnano due bellissime arie di Sigardo. Ecco l’aria ‘di furore’, con tutta l’orchestra che freme su cascate di sedicesimi sciolti (“Scelga il dardo“, Gheroldo); ecco i duetti in imitazione (II,3), in forma d’arioso (III,7), oppure quello concitato e virtuosistico (V,8), che consentono un respiro da grande opera di corte.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi