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Zelmira
Dramma per musica in due atti di Andrea Leone Tottola, da Zelmire di Dormont de Belloy [Pierre-Laurent Buirette]
Musica di Gioachino Rossini 1792-1868
Prima rappresentazione: Napoli, Teatro San Carlo, 16 febbraio 1822

Personaggi
Vocalità
Antenore
Tenore
Eacide
Tenore
Emma
Contralto
il gran sacerdote di Giove
Basso
il piccolo figlio di Zelmira
Mimo
Ilo
Tenore
Leucippo
Basso
Polidoro
Basso
Zelmira
Soprano
Note
Zelmirafu l’ultima opera scritta da Rossini durante i sei anni di permanenza a Napoli, e segna il distacco del compositore dalla città partenopea; fu infatti composta per essere rappresentata al San Carlo, ma in realtà pensata per l’imminente trasferimento dell’impresario Domenico Barbaja a Vienna, dove sarebbe stata messa in scena due mesi dopo (16 aprile) al Teatro di Porta Carinzia. Così la stesura del libretto fu affidata ad Andrea Leone Tottola, che attinse alla tragediaZelmiredi Pierre-Laurent Buirette, in arte Dormont de Belloy, tragediografo francese nato nel 1727. La celebrità di Dormont de Belloy era legata soprattutto alla tragediaLe Siège de Calais, mentre l’autore non aveva fatto in tempo ad assitere alla fortuna della suaGemma di Vergy, tramandata alla posterità grazie alla riduzione librettistica dello stesso Tottola per l’omonima opera di Michele Carafa (Napoli 1816), libretto ripreso da Donizetti nel 1826. Oltre al limite di una trama estremamente lambiccata, il testo di Belloy rivelava un’altra grave mancanza: l’assenza dell’intreccio amoroso. C’è amore inZelmire, ma è amore paterno o filiale; quello tra uomo e donna è solo sfiorato, nelle lamentele di Ilo sulla sfortuna del suo amore. Tra inverosimiglianze e incongruenze Tottola riesce a ricavare situazioni melodrammatiche fortemente connotate: una per tutte, quella di Zelmira che affida il figlioletto a Emma. La debolezza di questo libretto fu avvertita anche dai critici dell’epoca: l’abate Carpani sottolineava come «la musica farà viver lunga pezza questo drammatico aborto, strappato a forza dall’utero francese, a dispetto della ragione e del buon gusto». Sulla scia di questo giudizio viene infatti da chiedersi come mai Rossini abbia accettato un testo di tal genere; ma qui entreremmo nel campo delle ipotesi.

Atto primo. Nell’isola di Lesbo, Polidoro regna felice con la figlia Zelmira e il suo sposo, il troiano Ilo. Approfittando dell’assenza di Ilo, il signore di Mitilene, Azorre, invade l’isola e cerca di uccidere Polidoro, che viene nascosto da Zelmira tra le tombe dei re di Lesbo. Zelmira si finge ostile al padre e ne rivela, mentendo, il nascondiglio. Azorre fa dar fuoco al tempio, convinto di uccidere Polidoro; ma muore lui stesso, vittima di una congiura ordita da Antenore, che aspira ai due troni di Mitilene e Lesbo, con la complicità di Leucippo. All’aprirsi della scena, i guerrieri di Mitilene piangono la sorte di Azorre. Leucippo proclama Antenore successore, e complotta per fargli avere anche il trono di Lesbo. A questo piano Zelmira e il figlioletto sono di ostacolo: Antenore e Leucippo così la accusano della morte di suo padre e di Azorre. Tutti credono al complotto, anche la confidente di Zelmira, Emma, a cui ella rivela il nascondiglio del padre, scagionandosi. Torna Ilo, al quale Zelmira non ha il coraggio di svelare le accuse che le sono rivolte. Antenore e Leucippo forniscono la loro versione dei fatti a Ilo, mentre Zelmira fa allontanare il figlio, affidandolo a Emma. Antenore intanto è incoronato re di Lesbo, mentre Leucippo tenta di pugnalare Ilo; Zelmira, accorsa per sventare il colpo, si ritrova con il pugnale in mano: accusata di aver tentato di uccidere – dopo il padre e Azorre – anche il marito, viene condotta in carcere.

Atto secondo. Leucippo intercetta una lettera di Zelmira a Ilo, nella quale la donna si difende, facendo chiaramente intendere che Polidoro è ancora in vita. Egli suggerisce ad Antenore di lasciar libera Zelmira e di spiarne i passi. Ilo frattanto piange il suo amore sventurato, quando gli compare davanti Polidoro, che gli rivela la verità su Zelmira. Ilo corre a liberare la moglie, che crede così di dovergli la propria libertà. Zelmira si confida con Emma, in un colloquio che viene spiato da Antenore e Leucippo: i due fanno credere a Zelmira che Polidoro sia stato tratto in salvo da Ilo, e la invitano a svelare il nascondiglio del padre. Polidoro viene così catturato, e Zelmira offre la sua vita in cambio. Ma Emma, appreso che i due malvagi vogliono uccidere Zelmira e il padre, corre a cercare Ilo. Mentre Antenore e Leucippo entrano nella prigione per uccidere Zelmira e Polidoro, arriva un drappello di uomini in armi, guidati da Polidoro. Antenore e Leucippo sono condotti in carcere, mentre Zelmira può riabbracciare i suoi cari.

Come in gran parte delle opere napoletane, la musica diZelmiraentra immediatamente nel dramma, senza il preambolo di una sinfonia; notevolmente sbilanciata tra i due atti (il primo comprende circa due ore di musica – è infatti articolato in otto numeri musicali, incorniciati dai due grandi blocchi dell’Introduzione e del finale primo, che da solo occupa circa un terzo dell’intero atto – e il secondo contempla solo quattro numeri musicali, esattamente la metà del primo),Zelmirasegue l’orientamento stilistico del periodo napoletano nella preponderanza data ai pezzi d’insieme rispetto ai momenti solistici. Solo la cavatina di Polidoro “Ah, già trascorso il dì” è scritta per voce sola; tutte le altre arie – la cavatina di Ilo “Terra amica”, le arie di Antenore “Mentre qual fera ingorda”, di Emma “Ciel pietoso, ciel clemente” (aggiunta per la versione viennese su versi di Giuseppe Carpani) e quella finale di Zelmira “Riedi al soglio” – prevedono la presenza del coro. Per quanto essenzialmente aderente agli stilemi della produzione rossiniana per Napoli (virtuosismo delle parti vocali, orchestrazione fantasiosa, linguaggio armonico e ritmico assai avanzato), inZelmiranon si può non riconoscere un passo indietro rispetto allo sperimentalismo avanzato diMaometto II. Ma se manca in questa partitura acceso sperimentalismo, c’è parimenti un magistero di scrittura altissimo: la dialettica tra grandi strutture e piccole forme, che genera di per sé una forte tensione interna, si riflette nel gusto del contrasto che permea tutta l’opera, fin nei minimi dettagli;Zelmiraè infatti impostata su scarti continui, lacerazioni, accelerazioni e indugi, attuati su uno sfondo essenzialmente cupo e misterioso. I contemporanei ne compresero il senso, e l’opera fu accolta con esito trionfale. Seguirono dieci recite; all’ultima presenziò anche re Ferdinando, venuto a salutare la compagnia e Rossini in procinto di partire per Vienna: quel 6 marzo fu in un certo senso la fine di un’epoca.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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