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Medium, The
Tragedia in due atti proprio
Musica di Gian Carlo Menotti 1911-
Prima rappresentazione: New York, Brander Matthews Theater, 8 maggio 1946

Personaggi
Vocalità
Madame Flora, detta Baba
Contralto
Monica
Soprano
Mr. Gobineau
Baritono
Mrs. Gobineau
Soprano
Mrs. Nolan
Mezzosoprano
Toby
Mimo
Note
Dopo aver assistito nel 1936 a una seduta spiritica, negli anni seguenti Menotti pensò di far rivivere questa esperienza in un’opera: il progetto si realizzò nel 1946, grazie a una commissione della ‘Alice M. Ditson Fund’ della Columbia University di New York, quando ormai il compositore si era già cimentato nel genere buffo conAmelia al balloeThe old Maid and the Thief(Filadelfia 1941). ConThe Mediumottenne il successo anche nel genere tragico e, in seguito, ne preparò anche una seconda versione, lievemente ampliata, che venne presentata nella stagione 1947-48 all’Ethel Barrymore Theater di Broadway. Al successo americano si affiancò la diffusione europea: nel 1949 ebbe luogo a Genova la ‘prima’ italiana, con la regia del compositore, che ottenne un successo schietto, se pur non così clamoroso come negli Stati Uniti. Seguì, nel 1951, una versione cinematografica dell’opera (presentata anche al festival del cinema di Venezia), che l’autore-regista preferì realizzare in Italia dove, diversamente dagli Stati Uniti, «la macchina da presa è agli ordini indiscussi del regista», come ebbe a dire. Le riprese successive non si contano, sparse nei teatri di mezzo mondo: da Helsinki (1958) a Spoleto (1969, versione italiana di D’Amico, ripresa nel 1981), a Minsk (1989).

Atto primo. Monica e Toby stanno giocando quando sopraggiunge Baba: ora devono prepararsi a ricevere i clienti, per una seduta spiritica in cui collaboreranno a una finta evocazione degli spiriti. Arrivano Mrs. Nolan (per evocare la figlia Doodly) e i coniugi Gobineau (per il figlioletto Mickey): in realtà sarà Monica a parlare loro. Nel buio, però, Baba sente realmente una mano che la tocca e ne è sconvolta. Congedati i clienti, la finta medium comincia a sospettare di Toby, anche se Monica tenta di calmarla.

Atto secondo. Monica e Toby scherzano davanti al teatrino di marionette usato per le ‘messe in scena’ sovrannaturali: nella loro allegria c’è anche una grande tenerezza reciproca. Arriva Baba, semiubriaca, e cerca con finta dolcezza di capire se è stato il muto Toby a toccarla, mentre la sua agitazione aumenta fino a minacciarlo. Sopraggiungono i clienti per la seduta: Baba confessa i suoi imbrogli, ma questi rifiutano di crederle, finché ella li scaccia. Ormai vaneggiante, invoca perdono a Dio e si agita istericamente, mentre Toby tenta di sfuggirle nascondendosi dietro una tenda. Baba scorge il suo movimento e spara in quella direzione: appare una macchia di sangue sulla tenda bianca, mentre Monica invoca aiuto.

Convinto di doversi dedicare alla ricerca «dell’inevitabile, non del nuovo», Menotti adotta in questa opera da camera, come nelle altre sue produzioni, un linguaggio attento alle esigenze dell’ascoltatore medio e ampiamente debitore della tradizione verista; dedica inoltre grande attenzione all’efficacia delle parti melodiche. Gli interventi di Baba e ancor più di Monica sono trattati come vere e proprie arie; quest’ultima è partecipe, con Toby, di un mondo in cui i caratteri del sovrannaturale, del fiabesco e dell’infantile tendono a confondersi. Un vago impressionismo caratterizza la lirica iniziale e l’intervento di Doodly (“Mammy, you must not cryâ€, che ricorda taluni passi diSuor Angelicadi Puccini), mentre echi popolari sono presenti nella ninna-nanna “O black swan†(di un particolare sapore modale e slavo). Baba interviene spesso con passi di declamato teatrale; anche le scene d’assieme presentano il concertato in forma di dialogo spesso recitato. A parte qualche tagliente passo in stile imitativo, prevale la melodia accompagnata, al fine di esaltare al massimo la linea del canto, secondo una consuetudine di ascendenza verista. L’orchestra, dalle dimensioni cameristiche, è sempre assai pronta a sottolineare con dissonanze o allucinati ritmi di danza lo sconfinamento dal reale al fantastico: caratteristici i nervosi interventi del pianoforte, mentre il vaneggiamento di Baba nel soliloquio finale è reso con le citazioni di frammenti di passi precedenti. Proprio l’abile scrittura dell’orchestra (che «ha valore determinante, non di commento», come ebbe a dire Menotti), unita a una drammaturgia semplice e concentrata (nel solco del verismo, così come l’elemento grottesco introdotto con il personaggio muto di Toby), nonché la facilità melodica, al servizio di una sceneggiatura che sottolinea gli aspetti emozionali, hanno portato al diffuso gradimento dell’opera presso il grande pubblico.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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