Composta tre mesi dopo
Il campanello,
Betlycondivide con quest’opera la particolarità di essere una delle due per le quali Donizetti scrisse, oltre alla musica, anche il libretto. Recatosi a Parigi nel 1835, su invito di Rossini che gli aveva commissionato
Marin Faliero, il musicista aveva probabilmente assistito a una rappresentazione di
Le Chaletdi Adam (Parigi 1834) e di Scribe – che a sua volta aveva tratto il proprio libretto da
Jery und Bätely, un
Singspieldi Goethe (1780; intonato per la prima volta da Peter von Winter, Monaco, 1790) – e aveva ottenuto il permesso di ridurlo per le scene italiane. La prima rappresentazione ebbe esito incerto soprattutto per la prestazione del baritono Giuseppe Fioravanti, ormai in declino, nella parte di Max. Tuttavia, quando Donizetti scrisse per lui una nuova cavatina la situazione migliorò sensibilmente e il successo giunse in breve persino al re, che si recò di persona ad assistervi accompagnato dalla famiglia.
Daniele si presenta a Betly con tanto di certificato nuziale: ha ricevuto una lettera della ragazza che suona come un’inequivocabile richiesta di matrimonio. Lo scritto è però un falso e la fanciulla, che è all’oscuro di tutto, lo congeda sbrigativamente proclamando il suo desiderio di indipendenza. Il caporale Max, fratello di Betly, tornato dopo un’assenza di quindici anni, apprende dello scherzo, e volendo aiutare il giovane, ordisce all’insaputa degli interessati una burla: occupa con i commilitoni la casa della sorella, che non lo riconosce, e le impone vitto e alloggio per i suoi soldati. Preoccupata, la fanciulla comincia a pentirsi della propria scomoda indipendenza e a riconsiderare con ben altro spirito la proposta di Daniele, che alla fine accetterà di buon grado di sposare.
Affine nell’intreccio e per il carattere dei personaggi all’Elisir d’amore,Betlyrappresenta un’ideale fase di passaggio da questo alla più tardaFille du régiment. Opera raffinata, contiene pagine armonicamente curate e con un delicato senso del colore, come il coro iniziale e la successiva ‘tirolese’ di Betly, che tratteggia efficacemente l’indole originale e stravagante della protagonista. Ampliata nel settembre 1837 (Donizetti divise il libretto in due atti, aggiunse un finale al primo e un terzetto al secondo) risultò meno convincente dal punto di vista drammatico e con maggiori influenze rossiniane. La seconda versione fu rappresentata probabilmente a Napoli, al Teatro del Fondo, il 29 settembre di quell’anno consegnando un buon successo.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi