Figlio di un’epoca nella quale eroismo rivoluzionario e culto della sensibilità individuale andavano di pari passo, Napoleone nutrì una profonda ammirazione per la musica di Paisiello, che egli considerava un perfetto esempio di espressività e spontaneità creativa (al punto di citarla come termine di paragone in un suo romanzo giovanile del 1798,
Clisson et Eugènie: «Eugenia era come il canto dell’usignolo o come una pagina di Paisiello, che piace solo alle anime sensibili»). Divenuto Primo Console, nel 1801 chiamò il musicista a Parigi, come direttore della sua cappella personale. Paisiello aveva a quell’epoca sessantun anni e poca voglia di lasciare Napoli, ma le pressioni di un Ferdinando IV, intenzionato a mantenere buoni rapporti con la Francia, lo convinsero a partire. Giunto a Parigi il 24 aprile 1802, fu colmato di favori e gratificazioni finanziarie e ben presto incaricato di comporre un’opera francese. Per l’occasione il celebre Guillard, già librettista di Gluck e Sacchini, rispolverò la
Proserpinedi Quinault musicata più di un secolo prima da Lully. La vicenda mitologica del ratto di Proserpina ad opera di Plutone venne ridotta a tre atti dai cinque originari e concentrata in pochi accadimenti: la festa in onore di Cerere e il rapimento della figlia Proserpina (primo atto); i lamenti di Cerere e le vane profferte amorose di Plutone a Proserpina (secondo atto); il decreto dei giudici infernali secondo cui Proserpina dovrà rimanere nell’Ade, nuovi lamenti di Cerere, l’intervento di Giove per stabilire che Prosepina dovrà dividere la propria esistenza tra la madre è Plutone (terzo atto). Il libretto prevede, secondo i canoni francesi, un’assidua presenza del coro, talvolta abbinato al ballo. Il dramma risulta spesso articolato in statici
tableauxe non offre contrasti drammatici particolarmente accesi. Dunque le incongruenze drammaturgiche rilevate da Johann Reichardt, allora presente a Parigi, non possono essere imputate unicamente alla totale inesperienza di Paisiello nel campo dell’opera francese. Certo il musicista, oltre a trovare prevedibili difficoltà nella prosodia, rimase estraneo all’ampia gestualità della
tragédie lyriquee dettò invece melodie semplici e affettuose, di pasta simile a quelle della
Nina, con accenti ora patetici ora pastorali. Alla
Ninarimandano anche le molte pagine fondate sull’alternanza di voce solista e coro. Malgrado la soddisfazione di Napoleone e l’apprezzamento degli intenditori, lo spettacolo non incontrò il favore del pubblico. Paisiello rinunciò in seguito a musicare altre opere francesi e si limitò a comporre musica sacra per la cappella napoleonica. Nel 1804 ottenne il congedo e durante l’estate poté tornate a Napoli, non prima di aver fornito un’ultima Messa per la consacrazione imperiale di Napoleone, avvenuta il 2 dicembre di quell’anno (per l’occasione fu ripreso anche il Te Deum già composto da Paisiello nel 1791). A Napoli, in una data tra il 1806 e il 1808, il musicista chiese a Giuseppe Sanseverino di tradurre in italiano
Proserpine, ma la nuova versione rimase ineseguita fino ai tempi moderni. Nel 1988 è stata messa in scena a Bagni di Lucca, nell’ambito dell’XI Festival Internazionale di Marlia; al 1994 risale invece l’allestimento di
Proserpinenell’ambito del Festival Paisiello di Taranto.
Fonte:
Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi