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Zoraide di Granata
Melodramma eroico in due atti di Bartolomeo Merelli e Jacopo Ferretti, dal romanzo Gonzalve de Cordoue, ou Grenade reconquise di Jean-Pierre Claris de Florian
Musica di Gaetano Donizetti 1797-1848
Prima rappresentazione: Roma, Teatro Argentina, 28 gennaio 1822

Personaggi
Vocalità
Abenamet
Contralto
Abenceraghi
Alj Zegri
Basso
Almanzor
Basso
Almuzir
Tenore
Ines
Mezzosoprano
Zegri
Zoraide
Soprano
Note
Nella primavera del 1821 l’impresario Giovanni Paterni, responsabile dei teatri romani, si era rivolto a Mayr per una nuova opera. Il maestro bavarese con ogni probabilità indicò in sua vece l’allievo prediletto, sottolineandone la fantasia e la «facilità di estendere le idee». Per il giovane compositore era un’occasione da non perdere, tanto più che i cantanti a sua disposizione erano di prim’ordine, in testa il celebre tenore bergamasco Domenico Donzelli e il soprano Maria Ester Mombelli. La trama, che Merelli aveva tratto da un libretto di Luigi Romanelli (Abenamet e Zoraide, musica di Giuseppe Nicolini: Milano 1805) ruota attorno alla dolce Zoraide: il suo nobile affetto, ricambiato, è tutto per il giovane Abenamet, coraggiosa guida degli Abenceraghi; ma il capo degli Zegri, Almuzir, usurpato il trono di Granata, è animato da un «cieco ardor» e la vuole sposare: per sbarazzarsi del rivale lo invia a capo delle truppe contro gli Spagnoli. Abenamet è vincitore ma, a causa di un inganno, torna privo dello stendardo e viene condannato. Zoraide si offre allora in sposa ad Almuzir per salvarlo; nella notte viene scoperta insieme all’amato da Alj, comandante al servizio di Almuzir: solo se qualcuno combatterà per lei potrà evitare il rogo. Sopraggiunge Abenamet, che supera in duello Alj e lo costringe a confessare «ogni trama». La folla invoca allora la morte del re, ma Abenamet perdona Almuzir che, pentito, unisce le mani dei due innamorati.

A meno di due settimane dal debutto Donizetti dovette eliminare tre numeri e adattare la parte di Abenamet a un ‘musico’, cioè un contraltoen travesti; infatti il secondo tenore Amerigo Sbigoli, nel tentativo di emulare il Donzelli in scena, si spezzò una vena e pochi giorni dopo morì. Nonostante gli inconvenienti, l’opera fu accolta trionfalmente; sul settimanale romano ‘Notizie del giorno’ (31 gennaio) la recensione dell’abate Celli annunciava una «nuova e lietissima speranza per il teatro musicale italiano». La focosità dei sentimenti, il calore mediterraneo e il clima di accese passioni si vestono di una musica esuberante e aggressiva, generosa di espansioni melodiche e di acrobazie belcantistiche. L’ambientazione esotica viene incrementata anche da un reiterato cromatismo discendente, come nella cullante romanza notturna di Zoraide (“Rose che un dì spiegasteâ€). Formidabile virtuosismo e copiosi abbellimenti di bravura si trovano infatti in tutti i pezzi allora più acclamati. L’opera venne ripresa due anni più tardi, sempre a Roma, con una profonda revisione del libretto e della musica. L’eleganza della nuova veste poetica, opera del raffinato Jacopo Ferretti, non raccolse tuttavia analoghi entusiasmi di pubblico.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi


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