Die Teufel von Loudunè la prima delle quattro opere a oggi realizzate dal compositore polacco, tutte testimonianza di un’attrazione per il grottesco e per la netta contrapposizione fra il bene e il male. Venuto a conoscenza del dramma di Whiting durante l’estate del 1964, Penderecki ne fu subito attratto e portò poi a compimento la composizione grazie a una commissione ricevuta dall’Opera di Stato di Amburgo nel 1967. Oggetto di interessante rilettura vi è un famoso processo per stregoneria avvenuto nella Francia del XVII secolo: il processo intentato nel 1637 contro padre Grandier, accusato di aver sedotto le monache – in particolare la priora – del convento di Sant’Orsola. Tale vicenda costituisce l’intreccio principale del dramma, cui se ne affianca uno secondario incentrato sul ruolo di oppositore rivestito dallo stesso Grandier nei confronti della politica centralista del cardinale Richelieu. Proprio quest’ultimo aspetto è causa del complotto ordito ai danni del parroco di San. Pietro (guidato da Adam e Mannoury) e percorre sotterraneamente tutto il lavoro facendosi carico di inglobare via via i vari capi di imputazione che vanno emergendo. L’isolamento di Grandier, cui la debolezza per l’altro sesso – Ninon e Philippe – certo non giova, ne risulta progressivamente accresciuto fino a risolversi nella condanna finale. Centro di interesse dell’opera non è però tanto la storia in sé, quanto la riflessione sul senso e il valore che possono assumere la carnalità , la tortura, l’intrigo, l’inquisizione. Alle virtù è riservato ben poco spazio, anche se all’atto pratico la rappresentazione tenta di riassestare l’unilateralità dell’intreccio. Il librettista Penderecki ricostruisce la problematica del soggetto interamente attraverso le motivazioni personali dei personaggi, tratteggiando uno schema dell’azione che possa essere immediatamente leggibile tramite la drammaturgia musicale: a differenza del dramma di Whiting, ad esempio, l’avvenimento dell’esecuzione riceve qui estrema attenzione ed è presentato – nelle specie di un grande
tableau– sia a inizio sia a fine opera, come una cornice chiarificatrice che crea una forma ad arco. Altro artificio adottato con analoghi intenti – e caratterizzante anche la successiva produzione teatrale dell’autore – è la distribuzione della storia in una successione di brevi scene: trenta in questo caso, più altre due aggiunte nel secondo atto in occasione della rappresentazione di Varsavia del 1975 (scene utilizzate in seguito però solo occasionalmente). È un espediente che permette al compositore di realizzare vivide contrapposizioni sia in termini musicali sia drammatici.
Atto primo. In un’allucinata visione notturna, anticipazione onirica del momento conclusivo della vicenda, Jeanne vede Grandier torturato e martirizzato procedere verso il rogo. L’azione reale prende avvio con l’ingresso di Claire: la lettera che reca contiene il rifiuto di Grandier a divenire padre spirituale del convento. Jeanne si abbandona a fantasie malsane in preda a eccitazioni erotiche. La sorvegliano Mannoury e Adam, cui non sembra vero di poter divulgare notizie sulla vita licenziosa dell’odiato Grandier. Si susseguono immagini di una scena d’amore fra la bella Ninon e Grandier, di Jeanne che prega in chiesa, di Philippe che in un confessionale rivela a Grandier di amarlo. Giunge Laubadermont con il comando regio di abbattere le mura della città ; il borgomastro, spalleggiato dal parroco, vi oppone rifiuto. La situazione diventa pesante per Grandier, sospettato politicamente oltre che oggetto del pubblico ludibrio per le presunte avventure sessuali. Come non bastasse, Jeanne racconta al proprio confessore di avere visioni demoniache in cui un morto con le sembianze di Grandier proferisce oscenità . Successivamente, nell’interrogatorio cui viene sottoposta dai due esorcisti convocati (padre Barré e padre Rangier), la priora si esprime improvvisamente con una voce maschile. È quella di Asmodeus, il demone della lussuria.
Atto secondo. Gli esorcisti si adoperano per scacciare lo spirito impuro da Jeanne. Invitato dal borgomastro e dal giudice a difendersi, Grandier afferma la propria estraneità alle accuse. Quando Jeanne viene nuovamente interrogata, riferisce però di essere stata obbligata da alcune creature – fra cui Grandier – a partecipare alla costruzione di un altare osceno nella cappella, la notte, con altre suore nude come lei: il giudice non crede all’innocenza di Grandier e vieta gli esorcismi. Philippe confessa di essere incinta. Le suore sono rammaricate perchè è stato proibito loro di vedere padre Barré. Richelieu nel frattempo si è imposto: le mura della città sono state abbattute. Il medico valuta il comportamento delle suore come frutto di isterismo, ma Mignon riesce ancora a provocare in loro la manifestazione di uno spirito infernale: sono di scena nuovi esorcismi, sulla pubblica piazza. A Jeanne viene concesso di portare una reliquia che dovrebbe contenere gocce del sangue di Cristo. In realtà risulta vuota: il diavolo entra ora in Mignon e Rangier, nonchè in donne della folla. Le guardie tentano di sedare la popolazione invasata. Jeanne ha paura. Grandier viene arrestato.
Atto terzo. Una folla di trentamila persone è giunta in città per assistere all’esecuzione di Grandier. Mentre quest’ultimo si confessa con padre Ambrose, in un’altra cella Jeanne fa altrettano con padre Mignon e in una terza Laubardermont rende nota la sentenza di colpevolezza emessa nei confronti del parroco. A Mannoury e Adam viene affidato il compito di preparare il condannato: lo denudano, lo rasano, ma si fanno sostituire dal carceriere quando è il momento di strappargli le unghie. Malgrado le minacce di tortura, Grandier ricusa pubblicamente i reati ascrittigli: prostituzione, bestemmia e sacrilegio. Le suore riescono a impedire il tentativo di suicidio di Jeanne. Grandier continua a professarsi innocente anche quando gli vengono spezzate le gambe, ma la sua apparente insensibilità al dolore viene giudicata dono del demonio. Viene infine condotto in processione per le vie della città ; davanti alla chiesa di San Pietro riceve gli ultimi conforti da padre Ambrose; davanti al convento delle Orsoline si presenta agli occhi di Jeanne come l’incarnazione della terribile visione iniziale. Ora ella gli può parlare, per la prima volta. Nuovamente torturato al palo, Grandier continua a tacere, istigando così la furia omicida dei suoi aguzzini, fomentata anche dalla massa vociferante del popolo: sul rogo, il parroco ha ancora la forza di chiedere perdono a Dio per i suoi nemici. Mentre la moltitudine si disperde, Jeanne rimane sola. Assorta in preghiera.
È un’opera dedicata al problema della tolleranza: l’antica dottrina della Chiesa racchiusa nella frase di Giovanni Crisostomo, apposta all’opera come motto –Daemoni, etiam vera dicenti, non est credendum(«non si deve credere al diavolo nemmeno quando dice il vero»), deve essere letta come riflessione sul fatto che ciò che il diavolo può dire sotto influsso di un esorcismo può essere usato come perentoria verità a fini giuridici, aprendo la strada a distorsioni e ingiustizie. E questo non solo nel ‘buio’ Medioevo: sia Grandier che Jeanne sono vittime del fanatismo politico-religioso al tempo di Cartesio! La meditazione su questo tema avvicinaDie Teufelal precedenteDies irae(1967) nonché, per quanto riguarda l’adozione di date tecniche musicali, alla grandiosaPassio et mors Domini nostri Iesu Christi secundum Lucam(1966). Uno degli appunti più frequentemente mossi al lavoro riguarda presenza e ruolo della musica, giudicata rara – nei tre atti – e ristretta al limitato compito di illustrare gli eventi, di rappresentare dei climi espressivi. Si tratta di un giudizio che ben esprime la difficoltà , da parte di certa critica, ad abbandonare un atteggiamento dogmatico nei confronti del teatro musicale del nostro secolo. In quest’opera l’autore (che si era già distinto in altri ambiti compositivi per la ricerca condotta sul materiale sonoro, sulle sue possibilità trasformative, esplorandone i confini con le sperimentazioni sul ‘suono bianco’) affronta i problemi legati a un impiego differenziato di elementi musicali in una fluida associazione di media. Vengono cioè esperite varie gradazioni di contaminazione fra musica e parola, dal canto al parlato, coinvolgendo la stessa scrittura strumentale. L’impiego di un parlato musicalmente deformato – accanto al canto – costituisce qui una seconda fondamentale possibilità espressiva della rappresentazione. Che può anche appropriarsi di importanti passi del testo oltre che incarnare l’altro polo di un contrasto il cui ambito intermedio viene colmato da grida, urla, gemiti, risate organizzate metricamente, parlato ritmico. Si è detto della straordinaria immediatezza con cui l’opera lascia cogliere l’evolversi della situazione drammatica: ognuna delle brevi scene che si succedono risulta delineata chiaramente in termini musicali, tratteggiata in modo plastico. Particolarmente pregnanti riescono le immagini evocate da coro e orchestra: pedali, ripetizioni salmodianti e melopee gregorianeggianti sono gli elementi che concorrono alla definizione dell’ambiente cattolico. Una gestualità nervosa, che squarcia i momenti di magia sonora, si manifesta invece nel raccontare le ossessioni orgiastiche, le possessioni demoniache, la tortura, l’esecuzione. Nervosi frammenti prodotti da una chitarra elettrica bassa pervadono ad esempio il macabro episodio del chirurgo e del farmacista. Penderecki si sofferma più a lungo proprio sui momenti demoniaci, come la tortura di Jeanne, il suo esorcismo pubblico o gli episodi in cui vengono strappate le unghie e spezzate le gambe a Grandier. Anche i personaggi marginali ricevono la dovuta attenzione, sebbene l’interesse compositivo primario risieda soprattutto nell’elaborazione di connessioni drammatiche che procurino una tensione dialettica fra tragicità scultorea e disteso lirismo, tra eccitazione e contemplazione. Un modo, affidato alla musica, di sollevare i fatti storici dalla loro contingenza temporale.Die Teufel von Loudunè diventata una delle opere più popolari del compositore polacco, oggetto di molte nuove produzioni sia in Europa che negli Stati Uniti. In particolare si segnala la rappresentazione avvenuta a Stoccarda, efficacemente curata da Günther Rennert, due giorni dopo la prima di Amburgo. Lo stesso anno avveniva anche la prima rappresentazione americana, a Santa Fe. Fra le successive riprese: Varsavia (1975) e Düsseldorf (1989), quest’ultima su invito di Amnesty International.
Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi